Presidente mi descrive, in breve, che cosa è la CCIS?
Difficile sintetizzare in poche parole l’attività e il ruolo della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), che, superata ormai da un decennio la soglia del primo secolo – la sua fondazione risale infatti al remoto 1909 – è operativa su tutto il territorio elvetico dalla sede centrale di Zurigo e da quelle distaccate di Ginevra e Lugano. Con oltre 600 Soci, è un’associazione di diritto privato ai sensi del Codice Civile Svizzero, riconosciuta dallo Stato italiano secondo la legge n. 518 del 1° luglio 1970.
La sua missione è fornire la necessaria assistenza alle imprese impegnate nelle relazioni commerciali tra l’Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein, operando con criteri imprenditoriali finalizzati a massimizzare efficienza ed efficacia della sua azione. I risultati, che con costanza registra l’interscambio commerciale, sontuosi anche in anni di crisi, ne attestano il ruolo di riferimento irrinunciabile per tutti i soggetti pubblici e privati che pianificano e realizzano progetti di espansione economica e commerciale dall’Italia sul mercato svizzero e viceversa.
Trainanti sono le attività orientate alla promozione e commercializzazione dei beni di consumo, declinate principalmente nella creazione di contatti d’affari e nell’assistenza alle imprese, affiancandole nella realistica valutazione delle loro potenzialità e delle effettive opportunità che potrebbero cogliere, al contempo, fornendo un solido supporto amministrativo alle aziende che intendono svolgere attività sul territorio svizzero, garantendo, nel naturale pieno rispetto delle disposizioni vigenti, anche la consulenza per la costituzione e la gestione societaria nella Confederazione.
Intense, come detto, le attività di promozione e commercializzazione di beni strumentali, in particolare nei settori immediatamente associati al Made in Italy: primo fra tutti quello dell’agroalimentare, ma anche nel comparto della meccanica e dell’elettronica. Mantiene la sua centralità il tema dell’innovazione tecnologica, finalizzato, tra l’altro, all’attrazione di investimenti, a favorire l’ingresso di start-up italiane sul mercato svizzero e a valorizzare la competenza tecnologica ed innovativa del tessuto imprenditoriale italiano.
Un focus specifico è dedicato a contrastare il fenomeno del cosiddetto Italian Sounding, che si declina anche in un particolare sostegno a quelle iniziative che, all’estero, valorizzano una ristorazione italiana autentica e di qualità. Prioritaria, in senso lato, si conferma la promozione dei territori.
Tutte le attività sono affiancate, e al contempo sostenute, da azioni di networking, comunicazione e promozione mirate attraverso il magazine La Rivista, il sito www.larivista.ch, il sito camerale www.ccis.ch, i siti specifici www.servizialleimprese.ch e www.degustiamoitaliano.ch, cui si aggiunge un puntuale e finalizzato utilizzo dei social media.
Dal vostro particolare punto d’osservazione come è la situazione economica attuale?
Per quanto in una fase, che ormai si sta prolungando da più di due anni, oggettivamente difficile, con il conforto dei dati che sono di pubblico dominio, possiamo rilevare i segnali di una ripresa che si sta consolidando.
Ovviamente, non possiamo sottovalutare i problemi connessi alle catene di approvvigionamento e all’inflazione, che non sembra essere tanto temporanea come qualcuno ipotizzava. Senza contare le preoccupazioni per le tensioni geopolitiche e quelle legate ai energetici. Le ambizioni di conquiste territoriali di Cina e Russia non sembrano smorzarsi. La minaccia dell’invasione in Ucraina mette a repentaglio gli equilibri mondiali, anche per quanto concerne la sicurezza energetica.
Passando dal ‘macro’, che naturalmente ha delle conseguenze, al ‘micro’, per quanto riguarda il nostro specifico, e quindi riferendoci alle relazioni fra i nostri due Paesi anche in questo caso i dati ci consentono, di evitare il lamento e di coltivare un certo, seppur cauto, ottimismo.
I dati macro e (micro) economici lo confermano: la Svizzera è uno degli Stati più solidi più ricchi e stabili del Vecchio Continente. Naturalmente, non è stata immune dalle ripercussioni della crisi. Ma è vero che, in un mare d’incertezze, è apparsa e appare come un’isola di stabilità.
Se le incertezze sanitarie e quelle politiche continuano a costituire il maggior rischio che incombe sugli sviluppi internazionali dell’economia, per quanto riguarda l’economia svizzera, i fattori abilitanti quali ottime infrastrutture, qualità della mano d’opera, investimenti in scienza ed educazione, flessibilità del mercato del lavoro ed il livello di tassi competitivo continueranno a rappresentare importanti vantaggi comparativi per il paese.
Dal nostro osservatorio constatiamo che l’Italia è sicuramente percepita come un partner di grande importanza. Sono tantissimi i legami, non solo economici, che uniscono i due Paesi, com’è naturale che sia tra Paesi vicini ed amici. Importante è il legame umano e culturale, tra l’altro, la Svizzera è l’unico paese al mondo fuori dalla Penisola dove l’italiano è una lingua nazionale. Inoltre, la terza più grande comunità italiana nel mondo vive in Svizzera.
Quanto sia apprezzato il Made in Italy in Svizzera lo si capisce dal fatto che gli svizzeri, pro capite, sono i maggiori acquirenti al mondo di prodotti italiani. Gli svizzeri associano al Made in Italy valori come bellezza, lusso, benessere e passione. Quanto alla qualità dei prodotti, al di là dell’innegabile qualità del Made in Switzerland, le merci italiane nella Confederazione godono di un’eccellente reputazione.
L’Italia è il terzo partner commerciale della Svizzera (dopo Germania e USA, prima della Francia). L’interscambio commerciale annuo si situa intorno ai 33 miliardi di franchi.
Se dell’Italia, ovviamente, sono apprezzati il settore enogastronomico con i suoi prodotti tipici e regionali, i prodotti di design (arredo in particolare), del lusso e della moda, trainanti, in una direzione e nell’altra, sono i settori dei prodotti chimico farmaceutici, agricoli, dei metalli, degli strumenti di precisione, dei veicoli e i prodotti energetici. Merita una particolare annotazione il fatto che l’Italia esporta in Svizzera componenti che concorrono all’assemblaggio di prodotti tecnologici e competitivi targati Made in Switzerland.
I dati relativi alle esportazioni nelle due direzioni, che riportiamo qui in basso, dimostrano come, confermando una tendenza, negli ultimi 5 anni l’interscambio commerciale fra Italia sia sostanzialmente in costante aumento. Mancano i dati relativi ai due anni ‘pandemici’, che, in termini di volume segnalano comunque una buona vitalità dell’interscambio, seppur, come ovvio, in ambiti merceologici che sono stati condizionati dai vari lockdown e dai problemi che ne sono derivati per la produzione e la fornitura.
Negli ultimi anni sono arrivate molte nuove impresa dall’Italia? In quali settori?
Basta delocalizzazioni, basta ricerca dell’Eldorado. Al di là di casi sporadici – per altro non esiste una casistica ufficiale, neppure ritengo sia possibile istruirla – credo sia archiviata quella fase – breve, ma molto enfatizzata, come spesso accade per le storie di confine – che pochi anni fa raccontava della fuga di micro imprese dall’Italia, attirate da improvvisati ‘facilitatori’ verso la Svizzera. Voi in Ticino ne sapete qualcosa. Nei fatti, non si registra nulla di tutto ciò. Semmai c’è una costante di prestazione d’opera, e, come detto, un vitale interscambio in sostanziale crescita.
La globalizzazione porta all’amplificazione delle opportunità, fermo restando che ciò è possibile se ci sono dei requisiti che passano attraverso la conoscenza delle dinamiche, delle specificità e delle regole che presiedono i mercati esteri. Che significa consapevolezza anche degli ostacoli e delle difficoltà che possono frapporsi alla realizzazione di legittime aspirazioni. Nel nostro caso, lo sforzo è quello di veicolare questa conoscenza e di consolidare tale consapevolezza con l’esclusivo riferimento al mercato svizzero.
Quali sono le prospettive legate al commercio nel 2022?
Non c’è niente di più azzardato, e al contempo di più comodo, che fare previsioni economiche. Di solito sono sbagliate, o comunque, per la loro natura complessa, prevedono solitamente la possibilità di correggere il giorno dopo le affermazioni del giorno prima. Limitandoci al nostro orizzonte, che è quello delle relazioni fra i nostri due Paesi, abbiamo uno storico corroborante.
La Svizzera, con il suo quadro economico stabile, al di là dell’emergenza Covid-19, ha garantito un periodo di crescita ininterrotta a partire dalla crisi iniziata nel 2008, mantenendo tassi di disoccupazione appena al di sopra di quello fisiologico, e una domanda in moderata ma costante aumento. Malgrado non ci siano ancora certezze sulle conseguenze della pandemia e delle tensioni internazionali, non vi è ragione di dubitare che la Confederazione continui a rappresentare per l’Italia e le aziende esportatrici un solido punto di riferimento.
Allo stesso modo in cui l’Italia – che comunque rappresenta un mercato di oltre 60 milioni di consumatori, e mantiene una riconosciuta leadership in taluni settori manifatturieri ad alta intensità tecnologica e di capitale fortemente interessata a partnership internazionali – costituisce una reale opportunità che son certo non viene sottovalutata.
Il Ticino che ruolo ha nei rapporti commerciali tra Svizzera e Italia? Dove ci potrebbero essere margini di miglioramenti?
Il Ticino costituisce, per sua natura, un ponte. In tal senso, è una sorta di Giano bifronte: guarda a Sud – pensiamo, ma è solo un modo per esemplificare, al rilancio dei rapporti con Genova – e al contempo non perde di vista il nord. Anche qui, solo al mo’ di esempio, pensiamo al significato che riveste l’adesione alla Great Zuri Area.
Una condizione privilegiata, rafforzata anche dal fatto di essere lo sblocco meridionale di Alptransit. A ciò si aggiunga che, per lingua e, anche se so che farà storcere la bocca, anche per cultura (persino del lavoro) presenta molte affinità con quella che siete soliti chiamare la vicina Penisola. In Ticino vivono stabilmente più di 80’000 cittadini italiani, circa 65’000 sono i lavoratori frontalieri. Questi ultimi, spesso, causa di tensioni e di critiche, che non dobbiamo sottovalutare.
Allo stesso modo, non possiamo ignorare che hanno contribuito e contribuiscono ad aumentare la competitività del Cantone, e non possiamo neppure negare che la loro presenza è la risposta ad una domanda corrispondente. Credo che l’accordo che è stato raggiunto ormai in via di definitiva formale approvazione, potrà contribuire a delineare un quadro in cui si potrà tornare a valorizzarne la reciproca convenienza fra le due parti della frontiera.
In questo scenario, le posso confidare che abbiamo considerato con attenzione di continuare ad operare anche nella Svizzera italiana restando a Zurigo, limitandoci a garantire consulenza su richiesta e ad organizzare eventi attivando collaborazioni ad hoc. Abbiamo scelto con convinzione di investire con una presenza diretta sul territorio, perché riteniamo fondamentale essere parte attiva di un processo di integrazione, che presuppone la conoscenza delle specificità coniugata con il rispetto delle regole.
Non vi è dubbio che crediamo molto in questo nostro investimento: che non è solo finanziario e punta molto sul capitale umano, sulla capacità di sviluppare interlocuzioni e di creare nuove e consolidare antiche relazioni. Tornando alla metafora del ponte: il Ticino al contempo è porta d’uscita e d’ingresso: da e verso l’Italia. In altri termini: un luogo dove siamo convinti valga la pena essere presenti.
In quali settori, crede, si dovrebbe puntare per intensificare i rapporti tra i due Paesi?
Potrebbe apparire quasi scontato risponderle che i settori sono quelli definiti dal mercato. Che ovviamente anche noi monitoriamo con attenzione. Se, come abbiamo ribadito, la Confederazione resta un mercato irrinunciabile per le esportazioni di determinati beni di consumo: si pensi a quelli che siamo soliti collegare allo stile di vita italiano come la moda e l’agroalimentare, in futuro gli scambi tra i due Paesi si intensificheranno molto probabilmente sul fronte dell’innovazione tecnologica.
Già oggi, parentesi pandemica a parte, registriamo forti progressi, in entrambe le direzioni, in settori come l’elettromeccanica e la farmaceutica. Settori nei quali la Svizzera figura tra i maggiori esportatori al mondo. Lo sappiamo e ce lo siamo detti: i rapporti commerciali ed economici tra Italia e Svizzera sono fiorenti, l’interscambio è rilevante. Naturalmente occorre operare affinché questi buoni rapporti si possano rafforzare. Tra i nostri due Paesi ci sono relazioni strette, che poggiano su basi storiche.
Ora dobbiamo da ogni punto di vista intensificarle. Anche a livello politico: ritengo che occorra dare ancor maggiore visibilità a queste nostre relazioni, non solamente sul versante delle istituzioni. Anche, e forse soprattutto, perché fondamentale è anche quello che si radica nell’immaginario collettivo, sul piano della reciproca conoscenza. Sostenendo la capacità di andare oltre i luoghi comuni, che pur in quanto tali hanno una base, seppur traballante, di dati di fatto.
Accanto a settori ‘materiali’, credo sia importante agire anche su quelli ‘immateriali’, agevolando l’incontro di culture: del lavoro, delle relazioni, della formazione, che, malgrado la contiguità geografica e linguistica, mantengono, talvolta ostinatamente e artificialmente, tratti distinti. Sono convinto che in questi ambiti nel futuro ci siano ampi spazi di miglioramento. Anche in questa direzione intendiamo orientare il nostro impegno.