Dapprima la pandemia ci ha mostrato quanto la libertà di poter svolgere attività economiche sia determinante e quanto un intervento limitante dello Stato (nella fattispecie giustificato per ragioni sanitarie) abbia conseguenze drammatiche.
Appena ristabiliti, l’economia mondiale ha faticato con la ripresa delle catene logistiche, sovraccariche e prese in contropiede, che hanno causato colli di bottiglia nelle forniture, difficoltà di approvvigionamento e conseguenti aumenti di costi di materie prime e semilavorati.
E, per non farci mancare niente, durante gli ultimi mesi pendeva sulle teste di consumatori e imprese come una spada di Damocle il rischio di una penuria energetica, le cui conseguenze sono stati prezzi per i vettori energetici per alcuni momenti fino a 10 volte superiori rispetto a pochi mesi prima.
Alla vigilia delle elezioni cantonali, l’auspicio delle imprese di famiglia non può che essere quello di poter contare nelle istituzioni su persone vicine alle realtà imprenditoriali, capaci di comprendere il peso per la responsabilità di impieghi e la continuità su più generazioni di un’impresa.
Come imprenditori di famiglia, non lo neghiamo, guardiamo con una certa preoccupazione al futuro. Non abbiamo la possibilità di influenzare questioni geopolitiche o possibili nuove sfide sanitarie. Per garantire a lungo termine le premesse per la competitività delle imprese diventa così centrale il ruolo della politica.
In molte nazioni a noi vicine – dove hanno sede concorrenti delle nostre imprese – gli Stati sono intervenuti con massicci sussidi, sia durante la pandemia, sia per calmierare il costo dell’energia che ha messo in crisi esistenziale i settori ad alta intensità energetica. Alle nostre latitudini non siamo abituati ad interventi così massicci dello Stato. Per molto tempo però, e sarà determinante per la ripresa e il futuro, la soluzione sostenibile era costituita da un miglioramento marcato e costante delle condizioni quadro.
Senza queste anche le future crisi – di cui non sappiamo ancora origine ed ampiezza – costituiranno sfide che possono diventare insormontabili, soprattutto per imprese di famiglie ancorate al territorio e dunque non flessibili in termini di delocalizzazione o spostamenti all’estero di determinate attività.
Disporre di condizioni quadro liberali e adeguate è centrale: una fiscalità moderata a tutti i livelli istituzionali, l’abolizione dei dazi industriali – già decisa e da implementare al più presto -, una burocrazia ridotta al minimo, un approvvigionamento energetico sicuro e a prezzi competitivi e l’accesso alla manodopera, un problema sempre più sentito, sono imprescindibili per nuovi investimenti e la creazione di impieghi.
Anche conti dello Stato sani, con o senza versamenti della BNS, sono un prerequisito per affrontare e superare le crisi, come è stato il caso durante le fasi acute della pandemia. Per sopravvivere sul territorio ticinese le nostre imprese hanno bisogno di premesse chiare e che rimangano competitive a livello internazionale. La politica che concede attenzione alle imprese sul proprio territorio, in tempi difficili come in condizioni meno proibitive è quanto di più lungimirante possa capitare. Essa può creare le basi per imprese forti, resilienti nelle crisi, performanti, e uno Stato sano. Questo evita anche goffi e costosi interventi e sussidi durante le crisi più forti.
AIF, l’Associazione delle imprese di famiglia in Ticino, si impegna fortemente per un dialogo con la politica affinché possa considerare nel suo agire che il benessere della nostra società – confrontata a sfide sempre più regolari – dipende direttamente dalle condizioni entro le quali le imprese sono chiamate ad operare, investire e assumere personale.
Le premesse per le imprese devono essere chiare e non ci sono piani B; queste dipendono direttamente dalle decisioni prese dalle autorità e, spesso, dal popolo. Non dimentichiamocene in vista delle prossime elezioni.
Flavio Audemars,
Presidente AIF Ticino
www.aifticino.com