I principali indicatori congiunturali delineano al momento un raffreddamento della congiuntura quest’anno, ma ancora con il segno positivo. Pure attesa una riduzione dell’inflazione, dunque al di sotto del 3%. Da questo punto di vista, i paesi dell’Unione europea ma anche gli Stati Uniti restano in una situazione ben peggiore.
Congiuntura meno brillante dunque nel 2023, ma come sempre, la situazione dovrà essere aggiornata man mano, considerando pure che particolarmente nell’industria ogni ramo di attività ha sue specificità e situazioni differenti persino fra azienda e azienda.
La prudenza espressa anche dagli imprenditori ticinesi si traduce nell’attesa di una contrazione degli ordinativi, che per il momento tuttavia non sembra essere data. Per giudicare quale sarà l’andamento della nostra economia quest’anno non possiamo naturalmente fare astrazione dalle condizioni quadro che influiscono sulla congiuntura. Ecco pertanto che il tema del prezzo elevato dell’energia, gas e soprattutto elettricità, condiziona l’andamento delle imprese quest’anno, così come i prezzi delle materie prime e dei trasporti, oltre che della catena logistica, si mantengono a livelli altrettanto elevati. Si tratta di costi maggiori rispetto al passato, che solo in parte possono essere trasferiti ai clienti delle imprese.
L’occupazione al momento non sembra essere un tema prioritario, nel senso che non sussistono segnali d’allarme come è stato il caso durante la pandemia, quando senza ricorrere alle indennità per lavoro ridotto il mercato del lavoro sarebbe stato confrontato a un bagno di sangue. D’altra parte, il rovescio della medaglia è costituito da una forte mancanza di personale specializzato in un’economia in trasformazione, cioè dove le professionalità esistenti e quelle future devono essere adattate ai paradigmi delle nuove tecnologie.
Gli imprenditori ragionano cercando di comprendere su quale tela di fondo saranno chiamati ad operare nel medio e lungo termine. Si prendono cioè già oggi le decisioni che avranno un impatto fra due-tre-quattro anni. Queste decisioni tuttavia sono influenzate dai trend del cambiamento e dalla trasformazione degli avvenimenti attuali. In altre parole, fenomeni quali l’invecchiamento della popolazione devono essere considerati nel ragionamento, proprio perché hanno un impatto diretto sulle imprese. Pensiamo al fatto che nel giro di poco più di dieci anni usciranno dal mercato del lavoro ticinese decine di migliaia di persone, circa 50’000. Come potranno essere sostituite? Dalla risposta a questa domanda dipende anche il futuro destino di molte nostre imprese. Pensiamo anche al fatto che fra alcuni decenni sul mercato del lavoro svizzero potrebbero venire a mancare centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori. E senza persone l’impresa non esiste.
Allo stesso modo, eventi a più breve termine quali la pandemia o la guerra fra Russia e Ucraina, creano dei cambiamenti di fondo che hanno un impatto importante sulla nostra economia.
La pandemia sta ridisegnando il modo di lavorare, le catene logistiche e distributive, oppure le modalità di produzione. La guerra in Europa modifica gli assetti geopolitici e dunque anche parte del funzionamento delle nostre economie.
Non tutto il male viene per nuocere, nel senso ad esempio che la guerra ha aumentato la consapevolezza di dover modificare i flussi di provenienza dell’energia che ci serve per fare funzionare le imprese e le economie domestiche. Siamo fortemente dipendenti dalla fornitura dei metalli necessari all’industria che provengono in prevalenza dai paesi asiatici; ecco dunque crescere la spinta al riciclo di questi materiali, cioè uno sviluppo dell’economia circolare che può creare occasioni di lavoro e, a sua volta, una nuova economia.
In mezzo a tutto questo non bisogna dimenticare il fatto che la nostra economia è fatta al 90% da aziende di meno di 10 dipendenti. È soprattutto a loro che bisogna rivolgersi, aiutandole ad affrontare la transizione verso una nuova economia.
Stefano Modenini,
Direttore AITI
www.aiti.ch