A qualche settimana dall’acquisto di UBS del Credit Suisse come è la situazione per i dipendenti?
Riceviamo quotidianamente dalle collaboratrici e dai collaboratori domande, segnalazioni e anche qualche sfogo. L’incertezza la fa da padrone, è difficile lavorare in queste condizioni. Noi come associazione siamo in costante dialogo coi vertici dei due istituti, non solo con i nostri soci e le commissioni del personale, al momento però possiamo davvero dire poco delle discussioni e trattative in corso. Il momento è ancora delicato.
Si parla di migliaia di posti di lavoro a rischio in entrambe le banche, ci conferma quest’ordine di grandezza?
Sin dall’annuncio dell’acquisizione per noi è stato chiaro che l’impatto sul personale delle due banche e, in generale, sulla nostra economia, sarebbe stato importante. Diverse fonti stimano tuttora una riduzione di personale di oltre 10’000 unità in Svizzera e questo solo sul fronte del CS. Molto dipende dalle decisioni che prenderà UBS, per dirla in gergo: spin-off, dual brand o integrazione. Il modello che verrà scelto determinerà anche se e quanti posti di lavoro andranno persi a corto, medio o lungo termine. Alcune opzioni richiedono molto personale in prima battuta, poi sempre meno. Altre strade vedono invece una riduzione più massiccia iniziale e, si spera, un consolidamento a medio-lungo termine. UBS si è impegnata a confrontarsi con noi su questi aspetti, la nostra associazione tutela il personale con ogni mezzo, senza scartare alcuna opzione.
Come dovrebbe essere toccato il Ticino?
Il Ticino è già stato particolarmente toccato dalle ristrutturazioni della piazza finanziaria negli ultimi anni: molte banche chiuse, alcune fusioni, migliaia di posti di lavoro persi. Inoltre, molti impiegati attivi nel nostro Cantone si sono trasferiti oltre Gottardo, diversi proprio alle dipendenze del CS, per non perdere il posto. Ora, insieme a tanti altri, si trovano ad affrontare questa difficile situazione. Sarà un problema se in tanti, troppi, perderanno il lavoro nello stesso periodo, nella stessa regione, nello stesso mercato di riferimento. Non tutti sono in grado di reiventarsi, inoltre in tanti hanno lavorato tutta la vita per il CS, è dunque ancor più difficile cambiare.
Nel suo lavoro quotidiano tocca con mano umori e stati d’animo del personale. Sta vedendo una reazione o c’è ancora molta preoccupazione?
Alcune collaboratrici e collaboratori, superato lo shock della prima settimana, hanno subito reagito facendosi affiancare per considerare la propria impiegabilità: che competenze ho? Che opportunità ho? Devo cercare ora un nuovo lavoro o aspettare? Altri, purtroppo, sono sommersi di lavoro – alcuni settori sono ancora più sottopressione di prima, pensiamo solo ai migliaia di conti di clienti da chiudere e gli averi da trasferire – o in ogni caso ancora bloccati e increduli. La preoccupazione rimane tanta, anche nei quadri, che vorrebbero mantenere il proprio personale e non possono al momento dare alcuna garanzia. Ci sono al momento molte partenze spontanee al CS, che possono costituire un problema.
Il Cantone può intervenire, in qualche modo, per aiutare i dipendenti locali a rischio a trovare un nuovo impiego?
Ne ho discusso con la Seco e direttamente anche con il Consigliere federale Parmelin (a capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca, DEFR): non appena i piani di UBS saranno concreti, dovremo capire come a livello federale e come a livello cantonale si può accompagnare questo processo nel migliore dei modi. L’obiettivo è che meno persone possibili finiscano in disoccupazione e fatichino a trovare un nuovo impiego. Bisogna agire prima. In Ticino sono in contatto con il Centro di Studi bancari, incontreremo il Governo non appena possibile.
Ora quali sono le richieste della vostra associazione all’UBS?
Per prima cosa occorre scegliere al meglio il modello di business, renderlo sostenibile a lungo termine, riducendo così i licenziamenti al minimo. È necessario che oltre al piano sociale in vigore, UBS metta in campo tutte le risorse necessarie per finanziare delle misure di accompagnamento straordinarie. Non una, tante diverse soluzioni che insieme concorrono a mitigare questa situazione difficile per così tante persone. Dai prepensionamenti alla transizione di carriera,
A suo giudizio tra quanti mesi o anni sarà assorbita questa delicata situazione?
Mesi? Anni. Tra qualche mese avremo chiarezza sul modello scelto da UBS, ma qualsiasi sarà il percorso ci vorranno degli anni per concretizzarlo. Mi auguro però che già a breve venga fatta luce sui piani di UBS e sul coinvolgimento del personale anche del CS. Le collaboratrici e i collaboratori vogliono essere parte del progetto di transizione, non subirlo.
Natalia Ferrara,
Direttrice ASIB
Associazione svizzera impiegati banca
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