La politica energetica in Svizzera
Dopo la catastrofe nucleare di Fukushima, nel 2011, Consiglio federale e Parlamento hanno deciso l’abbandono graduale dell’energia nucleare. Questa scelta, nonché alcuni cambiamenti intervenuti nel contesto internazionale – in particolare l’instabilità del mercato dell’energia e la consapevolezza del cambiamento climatico – hanno reso necessaria una trasformazione del sistema svizzero di approvvigionamento energetico, per realizzare la quale il Consiglio federale ha elaborato la Strategia energetica 2050, che prosegue sulla strada tracciata dalla Strategia energetica 2007, definendo tuttavia nuovi obiettivi. Fondamentale elemento di novità è il fatto – come detto – che le cinque centrali nucleari presenti sul territorio nazionale saranno disattivate al termine del loro ciclo di vita.
Tra i nuovi obiettivi contenuti nella Strategia energetica 2050, spiccano invece la riduzione dei consumi e il rafforzamento delle energie rinnovabili indigene (la tradizionale forza idrica e i “nuovi” vettori energetici rinnovabili, ovvero sole, legno, biomassa, vento, calore geotermico e calore ambientale), che porta con sé la diminuzione della dipendenza dall’estero per l’importazione di energie fossili, contribuendo di conseguenza ad una stabilizzazione dei prezzi e dell’economia, maggiori innovazione, promozione degli investimenti e dei posti di lavoro in Svizzera. Inesauribili e rispettose dell’ambiente, le fonti energetiche rinnovabili, a lungo termine, potranno garantire quasi tutto l’approvvigionamento energetico mondiale. Per promuoverle, nella Confederazione sono in atto diverse misure di sostegno pubblico, con l’obiettivo che, nel tempo, esse possano diventare economicamente competitive nell’approvvigionamento energetico del Paese nei settori dell’elettricità, del calore e dei carburanti.
La prima fase di attuazione della Strategia energetica 2050 consiste nella Legge sull’energia, nell’ambito della quale il Consiglio federale intende ridurre le emissioni di gas serra entro il 2035 di almeno il 50% rispetto al 1990.
La decarbonizzazione
Le emissioni di gas serra, prodotte dalla combustione di fonti di energia fossile legate all’attività dell’uomo, specialmente in settori ad alto consumo quali la mobilità o la produzione energetica e di calore, sono una delle cause principali del progressivo cambiamento climatico, il quale, se non si invertirà la rotta, porterà con sé conseguenze devastanti per il pianeta. Grazie alla decarbonizzazione (il passaggio cioè dai combustibili fossili – come carbone, gas naturale o petrolio – a fonti di energia rinnovabili a zero emissioni di carbonio), non solo la Svizzera, ma numerosi Stati nel mondo puntano a ridurre le emissioni di gas serra, come il diossido di carbonio (CO2).
Nel 2015, con la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi sul clima, parte della comunità internazionale si è posta l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale entro il 2100 a un massimo di 1,5°C rispetto al periodo preindustriale. Tali Stati dovranno adottare misure di sostenibilità a breve e lungo termine per ridurre in misura sensibile le emissioni di gas serra entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2040 o, al più tardi, il 2050. Tuttavia, gli attuali livelli di emissione dei singoli Pasi mostrano che gli sforzi fatti finora non sono sufficienti per il raggiungimento di questo traguardo.
Per come stanno le cose, nel 2030 verrebbe emesso a livello mondiale il doppio della quantità di gas serra consentita per l’obiettivo di 1,5°C; il che porterebbe, entro il 2100, la temperatura globale ad aumentare di 2,4°C; calcoli più ottimistici ipotizzano un aumento della temperatura di circa 2,1°C o 1,8°C entro il 2100, secondo la Fondazione myclimate.
Se la comunità internazionale intende raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi, è quindi indispensabile che politica, economia e società perseguano congiuntamente la svolta energetica fissando obiettivi climatici ambiziosi, limitando il più possibile i consumi di combustibili fossili e promuovendo tecnologie e fonti di energia rinnovabili e a zero emissioni di carbonio.
La transizione energetica e il settore termotecnico
“In Svizzera il settore ‘edifici’ è responsabile del 25% delle emissioni di CO2, in particolare in relazione al riscaldamento e alla preparazione di acqua calda. Di conseguenza, il settore termotecnico gioca un ruolo importante per quel che riguarda la decarbonizzazione”, afferma Vinicio Curti, ricercatore Senior presso l’Istituto di ingegneria meccanica e tecnologia dei materiali del Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI di Lugano-Viganello e CEO di Calore SA di Locarno, società che progetta, realizza e gestisce impianti di teleriscaldamento in Ticino. “In questo ambito, le norme legali obbligano a determinate scelte, come il tasso massimo di energia da fonti non rinnovabili a livello operativo, ma resta comunque parecchio spazio decisionale in mano agli specialisti del settore, che dovrebbero quindi essere sempre aggiornati sulle ‘best practices’ e proporre ai committenti delle tecnologie che favoriscano la decarbonizzazione”, continua Vinicio Curti.
Committenti che, in genere, richiedono loro stessi soluzioni che mirino all’efficienza energetica, come conseguenza di una coscienza ambientale che, negli anni, si è sviluppata ed è oggi ben presente nella società. “Una volta la nostra professione era limitata al fine di scaldare, rispettivamente raffreddare gli ambienti. Il come si raggiungeva l’obiettivo non era sempre importante. Oggi, grazie ad un’accresciuta sensibilità e ai nuovi obiettivi di decarbonizzazione, i clienti sono interessati ad ogni forma di risparmio energetico e quindi si può spaziare con le possibilità tecniche da proporre”, spiega Andrea Rusconi, uno dei titolari dello Studio d’ingegneria VRT – Visani Rusconi e Talleri, di Taverne, attivo nel campo dell’impiantistica, termoclimatica e idrosanitaria, nonché nelle applicazioni nel campo delle costruzioni e delle energie.
“Vista la grande richiesta e le grandi aspettative dei clienti, la progettazione deve diventare sempre più meticolosa e precisa: bisogna capire al meglio i desiderata della persona cui ci si rivolge, le opportunità e le disponibilità del contesto dove ci si trova ad intervenire proporre soluzioni sempre più performanti. Nella strada verso la decarbonizzazione, la tecnologia si presta già a molte soluzioni tecniche efficienti, sarà attraverso la progettazione che si farà la differenza”, continua uno dei titolari di uno studio d’ingegneria da sempre propenso ad una progettazione nel rispetto dell’interesse energetico: “Prima erano in gran parte gli enti pubblici a gradire tali soluzioni, oggi l’interesse è diventato generale e il tema dell’efficienza energetica e del risparmio energetico è sulla bocca di tutti”, continua.
Se, quindi, una delle opportunità per il settore termotecnico connesse alla decarbonizzazione consiste nell’avere la possibilità, con la progettazione e le soluzioni tecniche attualmente sul mercato, di esprimersi al meglio e creare sistemi interessanti ed efficienti, non sono esenti alcune criticità: “Trovare l’equilibrio tra le richieste tecniche e quelle architettoniche non è sempre facile. Per puntare a un maggiore effetto bisogna ottimizzare la sinergia tra architettura e impiantistica”, spiega l’ingegner Andrea Rusconi.
Manuel Rigozzi, Managing Partner della Rigozzi Engineering SA di Bellinzona (Giubiasco), studio attivo nel campo dell’ingegneria termotecnica, idrosanitaria e nelle energie rinnovabili, vede un’altra possibile criticità connessa agli attuali sistemi di cui si parlava, che sono tecnicamente sempre più complessi: “La formazione professionale di base e continua di tutte le persone coinvolte nel ramo – dall’ingegnere progettista al singolo idraulico attivo sul cantiere, passando attraverso i produttori di sistemi e prodotti termotecnici – dovrà essere sempre all’altezza dell’importante evoluzione tecnologica e normativa che costatiamo negli ultimi anni”.
Il settore RVCS si trova infatti implicato in quella che è una sorta di rivoluzione tecnologica: “C’è sempre stata un’evoluzione, ma ultimamente ha accelerato il passo. Questo può essere difficile da gestire, ma dall’altro lato crea anche delle opportunità di crescita professionale, dove le nuove generazioni possono fare la differenza”, commenta Vinicio Curti, “progettazione, realizzazione e gestione dovranno essere sempre più interconnesse e tenere conto di più parametri. Ad esempio, la progettazione e la gestione di sistemi con pompe di calore dovranno tenere conto anche delle esigenze della rete elettrica, in modo da utilizzare le macchine prevalentemente quando la rete è carica. Questo richiede una comprensione allargata delle implicazioni che hanno le scelte tecniche”.
La decarbonizzazione, che è intrinsecamente connessa all’efficienza energetica, modifica di fatto le dinamiche della costruzione e ridefinisce il concetto di costruzione e pianificazione. “Un edificio non è soltanto un insieme di elementi isolati, ma è considerato come un sistema in cui le diverse parti e discipline collaborano e influenzano reciprocamente le proprie funzioni. La sfida principale consiste nell’affrontare questo cambiamento e nel possedere la flessibilità necessaria per adattare il proprio approccio alle nuove esigenze. Piccole abitudini che ritenevamo giuste sono da mettere in discussione e se del caso da adattare per aumentare l’efficienza dell’impianto.
Ad esempio, abituale posizionare i corpi riscaldanti su parti esterne nelle costruzioni nuove con elevato grado di coibentazione è più efficiente posizionare i corpi riscaldanti su pareti interne”, afferma Walter Moggio, direttore della Moggio Engineering SA di Bioggio, attiva nell’ingegneria impiantistica.
L’importanza della formazione
Come detto quindi la chiave per affrontare questo contesto in continua evoluzione e via via più complesso risiede nella formazione. “Il settore termotecnico deve dotarsi di figure professionali con ampia formazione di base per riuscire ad interagire all’interno d’un gruppo di progettazione”, continua il direttore della Moggio Engineering, una società che, conscia del fatto che l’energia è un bene di tutti e, anche per questo, deve essere gestita con coscienza, dedica con costanza sforzi e risorse alla promozione della formazione e alla sensibilizzazione riguardo alle tematiche energetiche.
“Con una formazione di qualità, garantita dalla scuola o da quelle associazioni professionali che hanno un mandato pubblico in tal senso, si potrà raggiungere un valido e solido livello di concorrenza e questo non può che avere dei risvolti economici interessanti per l’intero settore”, continua l’ingegner Moggio, “formazione che deve poi essere accompagnata e sostenuta nel tempo dalla pratica professionale e dalla post-formazione. Quest’ultima è di grande importanza e va promossa perché gli algoritmi di calcolo stanno passando da metodi di calcolo statici a metodi dinamici più complessi da comprendere e gestire, molto lontani dal regolo calcolatore, dal tavolo da disegno e dalle liste materiale scritte a mano e che si utilizzavano ancora negli anni Novanta”.
Opportunità da cogliere e gestire
Passando oltre l’aspetto formativo, nel settore termotecnico la tendenza ad orientarsi in direzione di fonti di energia rinnovabili che riducano la dipendenza da fonti fossili e, nel contempo, le emissioni di CO2 nell’atmosfera, è ben presente da oltre 10 anni. “Ritengo che il nostro ‘settore termotecnico’, con la progettazione e la realizzazione di impianti di qualità conformi al principio di riduzione di emissioni di carbonio, sia uno tra i più allineati con il processo di decarbonizzazione. Le leggi e le normative esistenti, d’altronde, ci stanno comunque già portando in questa direzione. Salvo rare eccezioni (come la salvaguardia di beni culturali) non è comunque più possibile concentrarsi su sistemi che ignorino questo processo di decarbonizzazione””, afferma Manuel Rigozzi, della Rigozzi Engineering SA, che, a riprova del suo impegno verso un futuro “rinnovabile e decarbonizzato”, ha di recente ottenuto la certificazione ISO 14’001, legata proprio alla sensibilità ambientale/energetica.
Processo, quello della decarbonizzazione, che offre interessanti opportunità al settore di cui stiamo parlando, in relazione in questo caso agli investimenti di rinnovo che comprendono gli impianti e che numerosi stabili si trovano a dover affrontare. “Se consideriamo la vastità del parco immobiliare esistente in Svizzera, ciò rappresenta la migliore opportunità professionale per il nostro ramo, a corto, medio e a lungo termine”, continua Rigozzi.
Inoltre il processo di decarbonizzazione viene sostenuto dallo Stato con il travaso di ingenti flussi di capitale con l’intento di accelerare la transizione energetica. “Gli incentivi elargiti attenuano i costi d’investimento a carico dei proprietari e costituiscono per l’intero settore della costruzione un’opportunità di lavoro che va gestita con intelligenza. Nello specifico, il settore termotecnico ha una grossa responsabilità poiché funge da garante verso i cittadini affinché ogni risorsa finanziaria messa a disposizione dalla collettività venga impiegata in sistemi edificio/impianti efficienti.
Risulta dunque importante preservare e garantire una progettazione di livello, cercando di contrastare l’operato di chi, spinto dalle considerevoli risorse economiche in gioco, si improvvisa specialista senza una formazione adeguata”, commenta il direttore della Moggio Engineering.
L’attuale evoluzione degli impianti di riscaldamento
Nel processo di decarbonizzazione la sostituzione della fonte energetica fossile con una fonte rinnovabile richiede solitamente l’uso di apparecchi diversi dalle caldaie. “L’evoluzione in atto va verso l’uso d’impianti di riscaldamento di potenza termica nominale sempre più piccola poiché l’accresciuta efficienza del sistema edificio/impianto riduce in modo importante, ed alle volte annulla, i fabbisogni di calore necessari per neutralizzare le perdite termiche per trasmissione e ventilazione dell’edificio”, precisa Walter Moggio.
“In generale, le prospettive per gli impianti di riscaldamento sono quindi chiaramente identificabili nella graduale sparizione dei sistemi che si basano su fonti fossili (olio di riscaldamento e gas) a favore di sistemi moderni che sfruttano in modo efficiente l’energia elettrica (sistemi a pompa di calore), prodotta con fonti rinnovabili quali il sole e l’idroelettrico. Spazio ci sarà naturalmente per energie termiche residue (ad esempio in prossimità di grossi centri di termovalorizzazione come l’ACR di Giubiasco), ritenuti ‘puliti’ in termini di emissioni di CO2”, aggiunge l’ingegner Manuel Rigozzi.
Focus sul teleriscaldamento
Il calore residuo – come pure il calore prodotto da energie rinnovabili – si utilizza nelle reti di teleriscaldamento, uno degli strumenti che Confederazione e Cantoni riconoscono per concorrere al raggiungimento degli obiettivi della politica energetica in quanto minimizza le emissioni nocive, tra cui quelle di CO2. Con il termine “teleriscaldamento” si intende il trasporto a distanza del calore, che viene utilizzato per il riscaldamento, il raffrescamento o la produzione di acqua calda sanitaria. Si tratta di uno degli strumenti più semplici e sicuri per climatizzare qualsiasi tipologia di edificio. I primi progetti di teleriscaldamento risalgono agli anni Sessanta e Settanta e si basano sull’intuizione di impiegare le eccedenze di calore provenienti da grandi impianti di produzione di energia e di incenerimento dei rifiuti per riscaldare edifici residenziali, commerciali e industriali e soddisfare il relativo fabbisogno di calore.
Il settore del teleriscaldamento è in continuo sviluppo; oggi a far parlare di sé sono in particolare le reti termiche che ricorrono all’impiego di grandi centrali termiche a legna e impianti geotermici, acque lacustri, fluviali e sotterranee, specialmente nel settore delle energie rinnovabili. “Le fonti d’alimentazione sono diversificate. I sistemi sono alimentati principalmente da calore recuperato da processi, fonti rinnovabili o cogenerazione.
Tra i processi che possono fornire calore al teleriscaldamento troviamo la combustione dei rifiuti, il raffreddamento di centri d’elaborazione dati e gli impianti di depurazione. Le fonti rinnovabili includono la legna e il calore da acque superficiali o sotterranee, inclusa l’acqua d’infiltrazione nelle gallerie. Infine, anche se non sono ancora utilizzate in Ticino, sorgenti di calore interessanti sono la geotermia a debole profondità e l’energia solare termica. La geotermia profonda costituisce una sorgente interessante ma apparentemente non nel contesto geologico ticinese”, spiega Vinicio Curti, CEO di Calore SA, fondata nel 1996 dall’Azienda Elettrica Ticinese (AET) e dalla Società Elettrica Sopracenerina SA (SES) allo scopo di diffondere la tecnologia del teleriscaldamento in Ticino.
“In Svizzera esistono oltre 1000 reti di teleriscaldamento, in cui il calore viene prodotto principalmente dalla combustione dei rifiuti, di biomassa e dal recupero termico degli impianti di depurazione. In Ticino esistono quasi 30 impianti. Tale numero è destinato a crescere; sono infatti in corso diversi progetti che si trovano in fase avanzata e vengono continuamente effettuati studi di fattibilità”, continua Curti.
Su mandato del Cantone, nel 2014 la SUPSI ha elaborato il progetto Teleriscaldamento in Ticino, il quale ha posto le basi per l’individuazione di soluzioni idonee all’istallazione di reti di teleriscaldamento nella nostra regione ed ha permesso lo sviluppo di strumenti di supporto per gli enti pubblici che prevedono di incoraggiare la promozione e la diffusione di questa tecnologia. Lo studio ha avuto un seguito nel 2018 quando, sempre su mandato del Cantone, la SUPSI ha elaborato il progetto Mappatura delle aree idonee alle reti di teleriscaldamento, con l’obiettivo di ottenere una visione più dettagliata del territorio.
Questo secondo lavoro ha permesso di analizzare la presenza di fonti di energia, la densità energetica, la tipologia di edifici ed altri fattori che, congiuntamente, determinano il reale potenziale di esecuzione di una rete di teleriscaldamento.
Ma come funziona questo sistema di riscaldamento?
Sul sito dell’Ufficio federale dell’energia si legge che “il calore a distanza viene prodotto in un impianto centrale, ad esempio in una centrale termica a legna o un impianto di incenerimento dei rifiuti o dei trucioli di legna. Successivamente viene distribuito agli utenti attraverso una rete di condutture sotto forma di acqua calda destinata al riscaldamento degli edifici e alla produzione di acqua calda. Le reti termiche con pompe di calore riscaldano l’acqua di riscaldamento alla temperatura richiesta, in modo centralizzato o decentrato. Le pompe di calore possono alimentare contemporaneamente anche una rete di raffreddamento e utilizzare il calore residuo della produzione di freddo ad esempio per il riscaldamento dell’acqua calda. Con la cogenerazione è possibile produrre contemporaneamente energia elettrica e termica da distribuire agli utenti mediante una rete di teleriscaldamento”.
“Altre tendenze tecnologiche includono reti di diverso tipo, come quelle percorse da CO2 o quelle in cui scorrono fluidi che sfruttano gli effetti termochimici di assorbimento/distillazione tra soluto e solvente per il trasferimento di calore”, puntualizza Vinicio Curti, che continua: “rispetto ad altri sistemi, il teleriscaldamento innanzitutto sfrutta l’effetto scala, secondo cui un sistema di grandi dimensioni è più efficiente energeticamente e vantaggioso economicamente rispetto alla somma di un numero di piccoli sistemi di pari potenza. Essendo alimentato da fonti rinnovabili, esso permette di dotare tutto un comparto di una produzione di calore favorevole dal punto di vista ambientale.
Inoltre, per quanto riguarda gli utenti, essi dispongono di una fornitura di calore pulita, silenziosa e che implica un minore utilizzo di spazio e non si devono preoccupare né della gestione dell’impianto, che è ottimizzata e viene continuamente monitorata in modo professionale, né della responsabilità e del rischio legati alla produzione di calore, i quali sono interamente trasferiti al fornitore per tutta la durata del contratto”. Un altro vantaggio per gli utenti consiste nel fatto di non doversi occupare dell’acquisto e dello stoccaggio di combustibili. Inoltre, dato che possono essere alimentati con diverse fonti energetiche, i sistemi di teleriscaldamento garantiscono un’elevata sicurezza dell’approvvigionamento.
Passando invece alle criticità, quella più evidente riguarda i costi d’investimento iniziali. “Spesso le tecnologie energeticamente efficienti presentano costi d’investimento elevati e costi di gestione inferiori rispetto a sistemi tradizionali. Il teleriscaldamento non fa eccezione, soprattutto per quanto riguarda la rete, il cui costo controbilancia il risparmio ottenuto per il già citato effetto scala. La rete è l’elemento caro e se essa è troppo lunga rispetto all’energia che veicola, il progetto potrebbe non essere fattibile. In ogni caso i tempi di ritorno degli investimenti sono molto lunghi”, spiega il CEO di Calore, “in fase di progettazione occorre quindi essere molto attenti a verificare i costi e ad assicurarsi che il sistema abbia un numero sufficiente di utenti o, meglio, una richiesta sufficiente d’energia rispetto alla lunghezza della rete. Per questi motivi il teleriscaldamento è adatto alle zone densamente costruite piuttosto che in zone caratterizzate ad esempio da abitazioni monofamiliari distribuite nel territorio in modo spazioso.
In Ticino, rispetto al resto della Svizzera, questo fattore è ancora più accentuato dato che gli inverni sono più miti e corti e quindi a parità di situazione verrà fornita meno energia. Nel nostro Cantone, ancor prima che nel resto del Paese, sarà quindi sempre più importante trovare soluzioni tecniche per poter fornire, con lo stesso sistema, anche il freddo, in modo da poter migliorare l’economicità”.
Attualmente comunque i sistemi di teleriscaldamento, e gli utenti che vi si vogliono allacciare, vengono incentivati. “Senza questi incentivi sarebbe molto difficile realizzare il teleriscaldamento”, continua Curti, “oltre agli incentivi è importante il quadro normativo, che deve considerare il teleriscaldamento una tecnologia da spingere ed aiutare”.
Dalla sua, sempre dal punto di vista economico, il teleriscaldamento ha il fatto di non essere soggetto a grandi variazioni di prezzo, facendo capo a energie rinnovabili locali – come la legna, i rifiuti o il calore residuo – che non risentono delle fluttuazioni dei mercati finanziari. Gli utenti, infine, pagano solo il calore effettivamente consumato e vedono così eliminati i costi per il rifornimento di combustibile.
Alessandra Ostini Sutto