Lei da 3 anni è presidente dell’usam (Unione svizzera arti e mestieri): che bilancio personale fa dell’esperienza in corso?
È un bilancio perlopiù positivo. Di certo la carica che ricopro è di grande responsabilità e le sfide e gli impegni sono molteplici. Ma è anche un’esperienza arricchente e che regala molte soddisfazioni; per un piccolo imprenditore ticinese è un onore presiedere la più grande associazione mantello dell’economia, che rappresenta ca. 500’000 PMI del nostro Paese.
C’è qualche traguardo che in questo periodo alla guida dell’associazione ha raggiunto?
Sicuramente il risultato ottenuto con il lancio della cosiddetta “wirtschaftspolitische Agenda”, un programma di intenti che ci siamo dati tra associazioni economiche nazionali – usam, Unione Svizzera degli imprenditori, economiesuisse – per fare fronte unito come economia verso le tematiche che ci toccano direttamente e lottare così compatti contro il blocco alle riforme centrali per il nostro sistema. Si tratta di un traguardo importante poiché mai prima di allora queste tre entità si erano impegnate esplicitamente in una collaborazione di questo tipo, e posso dire senza falsa modestia di aver giocato un ruolo fondamentale per concretizzare questa iniziativa.
Una po’ sulla stessa falsariga, anche la campagna “Prospettiva Svizzera” condotta nel quadro delle recenti elezioni federali rappresenta un traguardo considerevole: anche qui, le tre associazioni economiche insieme all’Unione Svizzera dei Contadini sono apparse sotto uno stesso cappello sostenendo candidati vicini all’economia e rivolgendosi dunque ad un elettorato favorevole alle imprese e all’agricoltura. E i risultati ottenuti confermano il successo di questa cooperazione, a sottolineare la necessità che l’economia deve serrare i ranghi se vuole evitare le derive rosso-verdi che abbiamo purtroppo dovuto subire nel recente passato.
Voi rappresentate le PMI (circa mezzo milione) in tutta la Svizzera e quindi il suo è un punto di vista privilegiato sul mondo economico. Quali sono le richieste generali che le PMI fanno alla politica?
Tra i mali che affliggono le PMI vi è senza dubbio il problema dell’eccessiva regolamentazione. La troppa burocrazia frena l’imprenditorialità, costringendo chi fa impresa ad impiegare tempo e risorse per occuparsi di cavilli e formalità inutili, tempo e risorse che dovrebbero invece essere investiti per creare valore aggiunto e migliorare così la competitività delle nostre aziende. Come usam ci battiamo strenuamente per mettere un freno a questo fenomeno che, invece di calare, sembra prendere sempre più piede. Alleggerire le aziende dai costi burocratici equivale a un programma interno di crescita per le imprese, perché così vengono liberati risorse, capitali e capacità imprenditoriali in grado di creare benessere economico.
La formazione professionale è un aspetto che vi sta a cuore. Come intendete sostenerla e in che modo le varie associazioni professionali possono essere rinforzate?
Nell’ottica di una sempre crescente penuria di lavoratori qualificati, ma sempre più anche di manodopera in generale, la formazione professionale si inserisce come soluzione concreta per farvi fronte. In Svizzera la formazione duale è un fiore all’occhiello del nostro sistema, tanto che ci viene invidiato a livello internazionale. Purtroppo, quello che spesso manca, è la volontà da parte delle imprese a fornire posti di apprendistato ai giovani desiderosi di seguire un percorso di formazione professionale. Dall’altra parte, l’idea di intraprendere la via liceale e accademica fa ancora gola a molti, spesso purtroppo per una questione di prestigio percepito, molte volte alimentato dai genitori. Il primo passo è dunque sicuramente quello della sensibilizzazione, verso le aziende e verso potenziali apprendisti.
Come usam ci impegniamo a realizzare il riconoscimento dell’equivalenza tra formazione professionale e accademica, nonché la parità di trattamento finanziario di entrambi i percorsi formativi. Siamo inoltre degli interlocutori in prima linea per le organizzazioni del mondo del lavoro affinché esse vengano rispettate come partner paritari.
Il mercato del lavoro è sempre più sotto pressione. Quali sono le misure che a vostro giudizio sarebbero necessarie per agevolarlo?
La già citata formazione professione è sicuramente una soluzione. Sempre di più bisognerà poi focalizzarsi sul fenomeno della fuga di cervelli: giovani brillanti e affamati di novità che, terminata la loro formazione, decidono di lasciare il paese per lanciare la loro carriera altrove. Queste figure rappresentano una forte perdita per il nostro territorio e, di fatto, un investimento perso. Sarà importante identificare soluzioni per fare in modo che queste figure abbiano le condizioni quadro adatte per vivere, lavorare e fare impresa qui. In questo contesto le aziende stesse dovranno dimostrare flessibilità e capacità di adattamento rispetto ai cambiamenti in atto, per rispondere tempestivamente alle sfide che ci attendono sul mondo del lavoro.
A suo parere che 2024 sarà per le PMI? Quali le sfide maggiori con le quali saranno confrontate quest’anno?
Credo che si riproporranno in buona parte le sfide che già ci portiamo dagli anni precedenti, sebbene possano assumere forme e conseguenze diverse. Penso ad esempio alla digitalizzazione e all’avvento dell’intelligenza artificiale, la quale rivoluzionerà le strategie aziendali, ma porterà anche numerosi interrogativi per quanto riguarda il mercato del lavoro o la protezione dei dati. Crisi politiche ed instabilità, purtroppo, accompagneranno ancora il 2024 e richiederanno una gestione finanziaria prudente e una capacità di adattamento rapido a condizioni mutevoli.
La questione della politica climatica e della sostenibilità rimane poi una sfida a cui le aziende devono confrontarsi e per cui la politica deve trovare soluzioni che siano però di supporto alle imprese e non le colpiscano ulteriormente con tasse e balzelli e regolamentazioni inutili e inique.