“Un opera pionieristica che segna una pietra miliare nella costruzione delle strade svizzere”. È così che viene salutata l’inaugurazione del primo tratto autostradale di circa quattro chilometri tra Lucerna ed Ennethorw l’11 giugno 1955. Siamo negli anni ’50 e le autovetture che circolano in Svizzera sono circa 150’000.
A quasi 70 anni di distanza, la rete stradale nazionale è profondamente cambiata ed è stata sviluppata. I chilometri di autostrada, nel 2023, erano 1’549 e la lunghezza totale della rete stradale ammontava a ben 84’868 chilometri. Certo, anche il parco veicoli ha conosciuto una drastica espansione: in Svizzera ammonta, esclusi i ciclomotori, a ben 6’445’122 unità. Di queste, ben 4’760’948 sono automobili.
Le cifre non sono però le uniche ad essere cambiate. Quelle che 70 anni fa erano viste come opere pionieristiche, sono sempre più spesso considerate come fonte di degrado e, in quanto tali, vengono osteggiate. Per fare un esempio molto concreto, questo autunno saremo chiamati a votare sullo sviluppo della rete stradale nazionale. Si tratta di 6 progetti strategici che riguardano punti nevralgici nell’infrastruttura stradale, per un investimento stimato di circa 5,2 miliardi di franchi, che sono stati bloccati tramite referendum. Quest’ultimo è stato invocato in virtù di una presunta espansione smisurata della rete stradale in termini di superficie: peccato che, a conti fatti, si sarebbe trattato di un aumento dello 0,6% della superficie delle strade nazionali. Eppure, si tratta di progetti che permetterebbero di potenziare il centro nevralgico della nostra mobilità. Pensate che la rete autostradale, pur rappresentando meno del 2% delle strade nazionali, assorbe il 40% del traffico privato e ben il 70% di quello relativo allo spostamento di merci su strada.
Questo atteggiamento di ostruzionismo, spesso ideologico, così come la chiara preferenza data allo sviluppo della ferrovia a discapito delle strade, ha portato ad accumulare un ritardo importante nello sviluppo di queste infrastrutture. Il prezzo da pagare è sotto gli occhi di tutti: un aumento costante delle ore trascorse in colonna che, oltre a mettere a dura prova i nostri nervi, genera costi pari a 1,4 miliardi di franchi all’anno. Negli ultimi 10 anni, si è registrato un aumento dei chilometri percorsi del 5,3%. Nello stesso lasso di tempo, le ore di colonna complessive sono però più che raddoppiate. I numeri presentati da USTRA a metà giugno sono impietosi: il totale delle ore trascorse in colonna nel 2023 ha raggiunto il valore record di 48’807 ore, segnando una progressione del 22,4% rispetto all’anno precedente. Di queste, più dell’85% è causata dalla congestione del traffico. Questi numeri provano chiaramente che l’aumento del traffico non è direttamente correlato allo sviluppo dell’infrastruttura. In parole povere: la gente non viaggia di più perché ha a disposizione più strade. Per taluni potrebbe sembrare paradossale, ma investire nell’infrastruttura stradale è un investimento sostenibile. L’espansione e il miglioramento della rete permetterebbero di ridurre le ore trascorse in colonna, e quindi anche le emissioni di CO2, nonché di alleggerire le città e i comuni da tutto quel traffico in cerca di una via di fuga dall’autostrada intasata. Tutto questo aumentando la sicurezza dei pedoni, riducendo il rumore e migliorando pertanto la qualità di vita della popolazione.
È interessante notare che la tendenza all’aumento del traffico, in particolare di quello privato, si registra malgrado la popolazione svizzera utilizzi sempre di più i trasporti pubblici. L’Associazione svizzera per il trasporto pubblico segnala cifre record per quanto riguarda il numero di chilometri percorsi dalle persone con i mezzi pubblici. Inoltre, ogni progetto che porta a un’espansione della rete ferroviaria non comporta uno spostamento dalla strada alla ferrovia, bensì ad un aumento del traffico ferroviario. Una via che viene percorsa parallelamente è quella del trasporto di merci su rotaia; qui c’è sicuramente ancora margine di crescita. Non dobbiamo però illuderci che queste misure possano risolvere tutti i problemi del traffico e coprire il crescente fabbisogno in termini di mobilità. Da qui al 2035 sono programmati investimenti nel trasporto ferroviario pari a circa 25 miliardi di franchi. La moderazione del traffico nei centri urbani e le infrastrutture per le biciclette sono di gran moda. Questo genere di investimenti è corretto, ma sarà utile solo ed esclusivamente se la spina dorsale del traffico stradale – le nostre strade nazionali – continuerà a reggere.
Negli ultimi anni, per cercare di limitare il problema, sono state sperimentate numerose soluzioni: l’utilizzo di corsie dinamiche e la limitazione dinamica della velocità non bastano più. Numerosi tratti autostradali in tutta la Svizzera sono al collasso e non hanno alcuna possibilità di assorbire un’ulteriore crescita futura del traffico.
Anche qualora questa tendenza dovesse affievolirsi, ipotesi poco plausibile, ogni minimo aumento del traffico comporterà una crescita esponenziale delle ore trascorse in colonna e dei costi che ne derivano.
In definitiva la soluzione dovrà essere una combinazione di varie misure. Da una parte, affrontare la questione infrastrutturale e quindi aumentare la capacità della rete autostradale è quantomai necessario e impellente. Inoltre, servirà proseguire sulla via della gestione intelligente del traffico.
Quanto proposto in votazione non risolverà certo tutti i problemi, ma permetterà quantomeno di dare un po’ di respiro alle infrastrutture messe a dura prova dal traffico. Al di là di quello che sarà il risultato alle urne, nei prossimi anni sarà fondamentale investire in maniera importante in un’infrastruttura chiave per l’attrattività della nostra piazza economica.
Marco Martino,
Responsabile di economiesuisse per la Svizzera italiana
www.economiesuisse.ch