Vi è mai capitato di calcolare i costi di un know-how mai condiviso? Oppure di rendervi conto, troppo tardi, di quanto tempo e risorse siano necessari per formare nuovi collaboratori quando i più esperti lasciano l’azienda, portando via con sé competenze strategiche?
Questi sono solo alcuni degli effetti della mancata condivisione della “conoscenza tacita”: quel sapere profondo, costruito con l’esperienza, che non viene codificato in procedure. Allo scopo di esplorare e valorizzare questo patrimonio vitale per l’azienda esistono percorsi formativi in grado di promuovere una cultura organizzativa basata sulla collaborazione e sul feedback, nella quale le persone si sentano incoraggiate a esplicitare le proprie modalità operative. In azienda il trasferimento delle conoscenze non riguarda soltanto il sapere teorico e quello formalizzato nei manuali, nelle schede processo o nelle procedure operative. Un patrimonio altrettanto importante è costituito dalla conoscenza tacita, che Michael Polanyi descrive in The Tacit Dimension (1966).
Questa conoscenza, ovvero quell’insieme di competenze, intuizioni e strategie personali che si applicano quotidianamente per ottenere risultati è il frutto di anni di esperienza sul campo. Proprio il transfer di questo specifico sapere può fare la differenza tra un’organizzazione agile e una che fatica ad adattarsi al cambiamento. Oggi questa sfida è particolarmente attuale a causa di due fattori cruciali: il ricambio generazionale in corso e la necessità di trattenere i talenti all’interno dell’azienda. Senza strategie efficaci per il transfer della conoscenza e la crescita professionale, molte imprese rischiano di perdere, non solo competenze strategiche, ma anche collaboratori chiave, attratti da contesti più stimolanti e valorizzanti.
Oltre a strutturare percorsi formativi adeguati, è fondamentale promuovere una cultura organizzativa che riconosca il valore della condivisione del sapere come opportunità di crescita costante. In una cultura orientata alla collaborazione e all’apprendimento continuo le persone si sentono, infatti, parte di un progetto più ampio e percepiscono la possibilità di sviluppare il proprio potenziale.
Se il clima di lavoro è permeato dalla fiducia reciproca, il feedback diventa uno strumento essenziale per affinare costantemente le competenze e migliorare i risultati. Laddove il trasferimento delle conoscenze e la formazione sono percepiti dal personale come meri obblighi operativi, magari rispettati per timore di essere sanzionati, è più difficile attrarre e trattenere i talenti.
Per far emergere la conoscenza tacita si utilizzano strumenti formativi che favoriscono l’apprendimento esperienziale e cooperativo, promuovendo l’ascolto attivo.
Fra le strategie più efficaci troviamo:
- Sessioni di condivisione delle best practice, dove si parla di come sono state affrontate situazioni complesse, al fine di ricavarne strategie di problem solving applicabili ad altri contesti. Questo consente di creare veri e propri repertori di risorse alle quali attingere quando si affrontano casi analoghi in azienda.
- Learning by doing, ovvero attività pratiche guidate da mentori (esperti), in cui i partecipanti possono replicare determinate operazioni in un ambiente “sicuro”.
- Analisi di casi reali, svolta mediante apposite griglie che permettono di valorizzare i risultati raggiunti in progetti precedenti, individuando possibili fattori di successo.
La gratificazione che si prova nell’esplicitare la conoscenza tacita produce una sensazione di autoefficacia, che rafforza la capacità del team di risolvere i problemi in maniera collaborativa.
Le schede processo dettagliate, che descrivono le attività e i risultati attesi per ogni fase del lavoro sono utili ma non sufficienti. Di qui la necessità di una rivoluzione formativa. Percorsi su misura come quelli proposti dall’istituto IKARO del CSVN permettono di creare un ponte tra la formalizzazione delle procedure e la pratica quotidiana, attraverso momenti di confronto (e auto-confronto), in cui gli individui e i team lavorano in uno spazio privilegiato, dove si applica un codice di comportamento elaborato e monitorato dai partecipanti stessi.
Questo approccio contribuisce a:
- Ridurre la dipendenza da singoli esperti;
- Accelerare l’integrazione dei neo-assunti, che sono immersi in un clima dove l’apprendimento costante riguarda tutto il personale;
- Favorire la contaminazione di idee e pratiche provenienti da diverse aree aziendali.
Investire in impianti formativi così strutturati e scalabili permette, quindi, di:
- Fidelizzare i collaboratori, grazie a percorsi di sviluppo personalizzati;
- Coltivare una leadership interna, riducendo la necessità di ricorrere a risorse esterne;
- Creare una pipeline di talenti, pronti ad affrontare le sfide future dell’organizzazione.
Silvia Spalletta Croci Maspoli,
HR Business Partner
www.csvn.ch