Si avvicina l’accordo tra il Cantone e i Comuni sul progetto di riforma istituzionale denominato “Ticino2020”. Nella sua ultima riunione, il Comitato strategico del progetto ha definito e analizzato le proposte di ripartizione dei compiti e dei nuovi flussi finanziari. Rimangono ancora da affinare i dettagli relativi ad alcuni aspetti finanziari legati ai flussi generali nonché le modalità di ripartizione delle competenze e del finanziamento del settore anziani, fa sapere il Consiglio di Stato in una nota. In autunno previsti altri sviluppi.
Di recente si è parlato di Ticino2020, un progetto importante e che è in gestazione da anni. Ci ricorda, in breve, di che si tratta?
Ticino2020 è un progetto voluto da Cantone e Comuni per cercare di riordinare compiti e flussi che li vedono compartecipi con competenze e oneri non più corrispondenti ai bisogni attuali dei cittadini. Basti pensare al settore anziani dove i Comuni continuano a contribuire nella misura dell’80% dei costi residui malgrado si siano visti progressivamente erodere la possibilità di determinare le scelte politiche. Allo stato attuale è possibile affermare che solo per 1/3 delle spese comunali i legislativi possono determinarsi politicamente, mentre per i restanti 2/3 fungono da agenzia amministrativa di Cantone e Confederazione.
Si parla di flussi e competenze tra Comuni e Cantone. Cambieranno molto le relazioni tra questi due livelli istituzionali?
Ticino2020, nei suoi intendimenti iniziali, richiedeva un cambiamento di paradigma politico: il Cantone decide e paga quello che ritiene opportuno offrire uniformemente a tutti i cittadini ticinesi, per rispondere ai loro bisogni, mentre i Comuni si occupano della qualità di vita residenziale, limitandosi dunque ad aspetti dove la prossimità e la differenziazione dei bisogni sono determinanti.
Un cambiamento di rotta radicale rispetto a quanto fatto nei precedenti sessant’anni, che richiedeva anche un cambiamento di cultura politica. A fronte delle difficoltà riscontrate si sono cercate vie alternative. Il principio di equivalenza è stato così applicato in maniera tale da prendere in considerazione la volontà costituzionale di mantenere una corresponsabilità tra i due livelli di governo. Laddove entrambi sono chiamati a partecipare sul piano esecutivo all’erogazione di un servizio pubblico si è cercato di dare ai Comuni maggiore voce in capitolo sul piano politico e amministrativo.
Ci può dare un’informazione di massima sulle tempistiche e i prossimi passi?
Terminata un’ultima fase di verifica di fattibilità della soluzione convenuta, il Comitato strategico darà il via libera alla fase di informazione e consultazione. Al momento la programmazione prevede che ciò avvenga nel corso dell’autunno. Con i servizi informativi della Cancelleria stiamo studiando la modalità migliore per spiegare quanto è stato condiviso, con un linguaggio semplice ma efficace.
La difficoltà maggiore sarà verosimilmente quella di comprendere che la soluzione è in realtà un pacchetto da prendere o lasciare. I forti condizionamenti posti da una parte e dall’altra non lasciano spazio a variazioni sul tema. Qualora si cambiasse un solo tassello del puzzle occorrerà ripensare l’intera soluzione. Questo è quanto capita allorquando le politiche sono condivise: le aderenze possono limitare lo spazio di manovra politico di Cantone e Comuni.
Perché questa riforma? In che modo è adeguata ai tempi attuali?
Come detto, questa riforma nasce dalla volontà di riordinare compiti e flussi tra Cantone e Comuni per cercare di sciogliere il complesso bandolo della matassa che li lega. In realtà possiamo affermare che l’importanza di questa riforma non è mai stata compresa fino in fondo. In gioco è l’intero sistema di democrazia diretta. Spesso, nelle visite ai Comuni che facciamo come Dipartimento delle istituzioni per migliorare e valorizzare i rapporti tra i due livelli di governo, tocchiamo con mano la frustrazione crescente di coloro che localmente vogliono fare politica e non si accontentano più di amministrare la cosa pubblica.
Una frustrazione che si riflette anche nei legislativi che si vedono imbavagliati da normative superiori che impongono scelte uniformi e che non riescono a prendere adeguatamente in considerazione i bisogni locali.
Tutto questo porta inevitabilmente a una certa disaffezione, complice delle difficoltà che le forze politiche incontrano nel coinvolgere i cittadini affinché assumano cariche politiche. Tenuto conto del ruolo di incubatore democratico del Comune, se si vuole risanare il nostro sistema occorre anche ridare ai Comuni reali margini di manovra politica.
Questo non comporta riforme epocali, ma è sufficiente che i due livelli di governo imparino a dialogare e a lavorare insieme, accettando di prendere in considerazione le prospettive altrui.
Pensa sia utile una riforma anche tra i due livelli più alti (Cantone e Confederazione)?
Nell’ultimo ventennio, Cantoni e Confederazione hanno intrapreso riforme simili a più riprese. Nei prossimi mesi dovranno decidere se dare avvio a un nuovo ciclo di revisione di compiti e flussi che li legano. Tutto questo è vitale per un sistema federale e per il principio di sussidiarietà, la cui applicazione deve tenere conto dei continui mutamenti della società.
Da un approccio locale si è passati a uno globale, ma in alcuni settori si assiste oggi a una nuova spinta verso il locale, anche in una logica di sostenibilità istituzionale. Quello della revisione della ripartizione dei compiti e dei flussi dovrebbe a mio giudizio essere preso in considerazione a ogni revisione di legge, con metodo scientifico e, soprattutto, con una reale partecipazione di Cantone e Comuni.
Un’ultima domanda è rivolta al futuro. Le elezioni cantonali del 2023 sono il prossimo importante momento istituzionale. Dopo i due anni che abbiamo passato e le situazioni che anche il suo ufficio ha dovuto affrontare siete pronti a ogni evenienza?
Le elezioni sono importanti per tutti noi, ma più come cittadini che come funzionari pubblici, anche se è innegabile che le sensibilità politiche degli eletti determinano gli obiettivi da perseguire e i limiti all’interno dei quali siamo chiamati a operare. In questo senso l’auspicio è che gli elettori sappiano riconoscere quanto di buono è stato fatto in questi anni e rinnovino la fiducia – per esempio – nei confronti di un capo dipartimento che ci stimola e permette di affrontare questioni cruciali per la democrazia e le istituzioni locali di domani.
Marzio Della Santa,
Capo della Sezione Enti locali