Anzitutto volevo avere da lei una istantanea del settore industriale. Quale è lo stato di salute dell’industria ticinese a inizio 2024?
È lo stato di salute di una persona che ha iniziato a prendere delle medicine per combattere l’influenza in arrivo. Abbiamo detto pubblicamente, già dopo la metà dello scorso anno, che la congiuntura si stava indebolendo ed essendo l’industria ticinese un settore orientato prevalentemente alle esportazioni, la nostra evoluzione dipende dai mercati internazionali. Le difficoltà dell’economia tedesca, che è il nostro principale partner commerciale, hanno delle indubbie ripercussioni negative sulle imprese in Ticino, ad esempio nel settore della metalmeccanica e delle macchine utensili. Complessivamente gli ordinativi sono già in calo da alcuni mesi e la situazione dovrebbe rimanere tale anche nella prima parte di quest’anno. Un leggero miglioramento potrebbe esserci nella seconda parte del 2024 ma non abbiamo alcuna certezza al momento.
Lo scorso anno avevate presentato il Piano strategico per lo sviluppo economico del Cantone. Secondo lei quei suggerimenti e quelle idee possono trasformarsi in fatti concreti? Come e quando?
Quel documento è ora oggetto di approfondimento al nostro interno dopo essere stato approvato dalla nostra assemblea. Esso contiene sia misure contingenti, che dunque possono essere applicate abbastanza rapidamente e altre invece che necessitano di un approfondimento. Ad esempio, noi pensiamo che l’offerta di scuole di tipo tecnico sia insufficiente rispetto all’esistente offerta di scuole commerciali e amministrative. Può darsi che ci sbagliamo, ma per dirlo la questione va studiata attentamente. Al di là di singole proposte e misure, con il nostro Piano strategico “AITI 2032” a noi premeva però evidenziare un messaggio ben preciso: siamo di fronte come Cantone a un decennio decisivo, dove ad esempio decine di migliaia di persone lasceranno il mondo del lavoro per raggiunti limiti di età. Dobbiamo darci da fare per creare un nuovo sviluppo economico per i prossimi decenni e lo dobbiamo fare ora. Da ciò deriva la nostra convinzione: ci vuole un patto di paese fra Stato, economia e cittadini e le istituzioni e la politica devono dimostrare più coraggio e lungimiranza rispetto a quanto mettono in campo oggi.
La politica cantonale si trova in un momento non semplice (vedi discussioni sul Preventivo, Risanamento finanze, ecc). Che cosa chiedete alla politica per il 2024?
Capacità di fare delle scelte utili per il paese e coraggio. I tempi sono difficili, soprattutto finanziariamente, lo sappiamo, ma la nostra impressione è che la politica agisce con le modalità e i tempi del passato. Come detto prima, le decisioni importanti per il paese si devono prendere in questi anni, dopo sarà troppo tardi. È chiaro che fare delle scelte politicamente può costare del consenso, ma chi viene eletto lo fa per essere al servizio del paese e dunque bisogna essere capaci di prendere se necessario decisioni sgradite anche per i cittadini in nome di un bene superiore.
Il Ticino, è noto, è costituito da molte PMI. L’aumento dei prezzi generalizzato le sta mettendo in crisi. A suo giudizio che cosa si dovrebbe fare per sostenere questo tessuto economico così vitale per noi?
Torniamo sempre al discorso fatto prima. Capacità di anticipare i cambiamenti, fare delle scelte politiche che assecondino nella maniera migliore queste scelte. Nel concreto dallo Stato l’economia si attende un costante miglioramento delle condizioni quadro per fare impresa in Ticino. In diverse occasioni in passato si è fatto leva sulle difficoltà altrui per creare benessere in Ticino. Non è stato certamente il caso dell’industria. Ma quel periodo è finito. Ora e in futuro bisogna crescere economicamente e socialmente con le nostre forze. Non c’è altra possibilità. Dunque, bisogna cercare di agire sui fattori positivi del nostro territorio cercando invece di attenuare gli aspetti negativi. Gli imprenditori non chiedono di avere tutto subito, ma vogliono giustamente sapere da chi prende le decisioni a livello politico in che direzione si vuole andare. Bisogna insomma dare delle prospettive con delle tempistiche precise. Sappiamo bene tutti cosa bisogna fare: migliorare la nostra competitività fiscale, investire nella formazione delle persone, sostenere le imprese nei processi d’innovazione, ridurre la burocrazia e cambiare il modo di lavorare dell’amministrazione pubblica, offrire buone condizioni di lavoro, in particolare anche a chi ha famiglia. E altro ancora.
Allargando lo sguardo, quali sono le conseguenze che stanno avendo le nostre imprese dovute alle crisi in Ucraina e in Medio Oriente e i problemi al Canale di Suez?
Le conseguenze più immediate, è stato il caso anche durante la pandemia, sono state l’aumento dei prezzi e problemi e ritardi nella fornitura del materiale per produrre. Tutta la merce trasportata per nave subisce dei ritardi e il costo dei container raddoppia o triplica nel giro di poco tempo. A seguito della guerra fra Russia e Ucraina come sappiamo siamo stati confrontati all’esplosione dei prezzi dell’energia. E poi non dimentichiamo l’annosa questione del franco svizzero troppo forte che colpisce soprattutto chi esporta. L’industria per sua natura è confrontata da sempre a situazioni difficili e deve impegnarsi non poco per farvi fronte. Finora ci siamo riusciti ma non è detto che sarà così anche in futuro.
La figura dell’imprenditore non è sempre ben vista dalla popolazione. Quali le misure che si potrebbero attuare per migliorare la sua immagine?
AITI nel limite delle sue forze ha messo in campo diverse azioni per diffondere la cultura d’impresa, la conoscenza degli imprenditori e le aziende del territorio. Ad esempio, portiamo gli allievi di scuola media nelle aziende ticinesi, ma anche visitiamo regolarmente le aziende con i deputati al Gran Consiglio. A livello di comunicazione utilizziamo i diversi canali social per fare questo lavoro. Ci vuole uno sforzo congiunto. Da parte degli imprenditori, ma anche da parte delle istituzioni, della politica e della scuola.
La comunicazione gioca un ruolo decisivo. Qui secondo me non si fa abbastanza, o detto diversamente, troppe volte giornali, radio e televisione presentano negativamente gli imprenditori e le imprese. Bisognerebbe essere più positivi, pur non nascondendo i problemi. Bisogna anche trasmettere il messaggio verso i giovani che possono essere anche loro degli imprenditori un giorno se lo vorranno.
Oliviero Pesenti,
Presidente di AITI
www.aiti.ch