Sono passate soltanto alcune settimane dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca e già si iniziano a sentire i primi effetti delle misure decise dal Presidente. Se in un primo momento queste sono state destinate ad altre nazioni, lo sguardo protezionista di Trump si è rivolto rapidamente anche verso l’Europa. Di elementi per dubitare della bontà della scelta ce ne sarebbero a volontà. Il protezionismo, in tutti i casi, comporta un aumento dei prezzi e quindi anche dell’inflazione che è stata finora combattuta con non poche difficoltà. È importante ricordare anche che gli Stati Uniti sono stati tra gli attori che hanno beneficiato in maggior misura della globalizzazione economica e dell’apertura dei mercati.
Questo anche se oggi il Presidente lamenta una bilancia economica eccessivamente negativa. Una nuova spinta inflazionistica, sostenuta anche da un debito pubblico estremamente elevato e che non sembra suscitare troppe preoccupazioni, non sarebbe una notizia positiva nemmeno per gli USA. C’è una corrente di analisti che ritiene che le mosse decise da Trump siano una tattica per aggiudicarsi un vantaggio negoziale in fase di trattative e che la temuta guerra commerciale a suon di dazi non avrà luogo.
Ma la storia del primo mandato del Presidente ci insegna che i dazi fanno ampiamente parte del suo arsenale e che questa corrente protezionista è sicuramente nelle sue corde. Un protezionismo che, in qualsiasi modo lo si voglia vedere, non ha fatto altro che rallentare la crescita globale.
Ma la Svizzera in tutta questa situazione così intricata dove si colloca?
Difficile dare una risposta definitiva, ma non ci sono elementi tangibili per poter immaginare che le misure americane non siano rivolte anche a chi, seppur solo geograficamente, si trova in Europa. È molto più plausibile che le misure che saranno rivolte all’UE riguarderanno anche il Regno Unito e la Svizzera.
Se quindi, da un lato, sono da preventivare una serie di difficoltà legate alle misure che saranno implementate, dall’altro possiamo sicuramente fare qualcosa per cercare di diminuire l’impatto che esse avranno. Sul piano interno, serviranno un grande senso civico, unione di intenti a livello politico e, soprattutto, delle decisioni coraggiose. È fondamentale che le finanze federali siano quanto più solide possibile, in modo da garantire margine di manovra in caso di necessità. In tal senso è positivo che la Confederazione abbia presentato delle misure per alleggerire il bilancio federale. A maggior ragione perché, come purtroppo non sempre è avvenuto in passato, le misure si concentrano sul contenimento della spesa e non sull’aumento delle entrate. Questo è fondamentale anche per poter mantenere e possibilmente perfino accrescere la nostra attrattività a livello globale.
La seconda via riguarda i rapporti con gli altri Paesi. L’accesso ai mercati esteri va consolidato ed esteso. Gli accordi di libero scambio recentemente conclusi con India, Thailandia e Kosovo, nonché l’aggiornamento di quelli con Cile e Ucraina rappresentano ottime notizie.
Durante il WEF si è anche discusso di modernizzare l’accordo di libero scambio con la Cina, un mercato estremamente importante per l’industria d’esportazione svizzera. Questi sforzi vanno intensificati per poterci garantire l’accesso facilitato ad altri mercati che potrebbero, almeno parzialmente, compensare le difficoltà di accesso al mercato USA.
Infine, ma non da ultimo, sarà indispensabile preservare l’accesso a quello che è e resta il principale partner economico di una nazione esportatrice come la nostra: l’Unione europea. È ancora troppo presto per dare una valutazione definitiva del pacchetto Bilaterali III che è stato negoziato. Tuttavia, ciò che è indiscutibile è che la via bilaterale rappresenti il modo migliore di regolare i nostri rapporti con l’UE.
Proviamo per un attimo ad analizzare le alternative, a prescindere dal sostegno politico e popolare che potrebbero o meno avere. Un semplice rapporto di libero scambio ridurrebbe la partecipazione al mercato interno dell’UE ai minimi termini.
Con un’adesione allo Spazio economico europeo, la Svizzera godrebbe di un accesso pressoché completo al mercato unico e ai programmi europei, ma dovrebbe adottare la maggior parte del diritto del mercato interno dell’UE. Un’adesione all’UE, inutile dirlo, comporterebbe una radicale perdita di sovranità.
La via bilaterale, invece, è una soluzione su misura, che tramite una partecipazione selettiva al processo di integrazione europea, consente una partecipazione ottimale al mercato unico europeo in determinati settori di interesse, senza i doveri e la perdita di sovranità di un’adesione.
Le sfide che si prospettano all’orizzonte sono molte. Per poter rispondere a queste difficoltà dovremo dimostrare capacità di innovazione, flessibilità, ma anche e soprattutto il coraggio di prendere delle decisioni e di prenderle rapidamente. Il mondo, per quanto possa essere spiccata la corsa al protezionismo, rimarrà comunque interconnesso.
La buona notizia, in tutto questo, è che malgrado le influenze esterne, il futuro è comunque – almeno in gran parte – nelle nostre mani.
Marco Martino,
Responsabile di economiesuisse per la Svizzera italiana
www.economiesuisse.ch