L’azienda, che ha già alle spalle un buon successo, è di quelle da tenere d’occhio anche negli anni a venire perché il mercato è in crescita e il potenziale enorme.
Industrie Biomediche Insubri SA (IBI) nasce nel 2008 a Mezzovico grazie a due giovani bioingegneri italiani, colleghi di studio in Inghilterra, a Londra: Giuseppe Perale, (Master e dottorato di ricerca in Ingegneria Biomedica presso il Politecnico di Milano), e Gianni Pertici, (laurea in ingegneria chimica a Pisa e specializzazione al Dipartimento di Odontoiatria del King’s College di Londra).
“Proveniamo da famiglie di imprenditori e siamo cresciuti in questo ambiente – ci dice Perale – ed è stato abbastanza naturale avviare una nostra start-up”, anche se il tutto è nato quasi per caso in un pub a Londra nel 2007, mentre erano in Inghilterra a studiare.
IBI diviene operativa a fine 2011, e proprio in quell’anno viene autorizzato il primo studio clinico che porta alla certificazione di SmartBone® (ossia l’osso intelligente), «il sostituto osseo da noi brevettato per la rigenerazione ossea in chirurgia ricostruttiva».
Infatti, l’azienda è attiva nel settore biomedico e ha elaborato un prodotto che imita l’osso umano, resistente e biologicamente attivo allo stesso modo, ed è adatto soprattutto per le ricostruzioni di importanti distretti ossei in tutta la struttura scheletrica umana, e da poco anche in ambito veterinario. “Siamo partiti inizialmente dal settore dentale, cosa che ci ha agevolati, perché ci ha indotti a confrontarci con la più difficile chirurgia che esista: se un materiale funziona lì, non troverà alcuna difficoltà ad essere impiegato anche nelle altre chirurgie”, spiega Perale.
Ed infatti gli studi clinici piu recenti hanno confermato le performance anche in ambiti estremamente piu complessi come la traumatologia e l’oncologia, anche pediatrica.
Questi “pezzi di ricambio per le ossa”, danneggiate da incidenti, traumi o da malattie quali i tumori, provengono da una lavorazione particolare delle ossa bovine e, una volta inseriti nel corpo umano, acquistano una seconda vita integrandosi alla perfezione con le altre ossa e diventando viventi.
La pandemia ha toccato, ovviamente anche la IBI di Mezzovico. Ce lo conferma lo stesso Perale: “Il primo anno, non lo nascondiamo, è stato molto faticoso anche perché noi abbiamo molti rapporti commerciali con i mercati esteri (l’azienda esporta in una trentina di Nazioni) e i vari lockdown hanno impattato sia le attività commerciali che la produzione. Detto ciò, non possiamo lamentarci troppo e alla fine le performance, malgrado le difficoltà, sono state in linea con le aspettative”. Inoltre, il virus ha colpito in modo pesante il vertice dell’azienda Gianni Pertici, il quale ha avuto conseguenze, piuttosto serie, per diversi mesi. Per fortuna il tutto si è risolto nel migliore dei modi.
Oltre all’attività imprenditoriale Giuseppe Perale è attivo anche sul fronte accademico. È infatti professore alla Facoltà di scienze biomediche dell’USI. “Ero già professore in Italia e sono arrivato in Ticino grazie alla Supsi che mi ha dato la possibilità di insegnare. Poi sono passato alla nuova Facoltà dell’USI, dove mi trovo molto bene. E devo dire che la nuova Facoltà – con i tre anni di Bachelor Oltralpe e il Master a Lugano – sono un’ottima soluzione, oltre che per la didattica, anche per l’evoluzione del settore biomedico, soprattutto per il nostro Ticino”.
Un settore che, tuttavia, non può dormire sugli allori. La ricerca in biomedicina nella Svizzera italiana ha avuto una notevole evoluzione negli ultimi anni (basti osservare la crescita dell’IIRB, dello IOR e dei laboratori di ricerca dell’EOC), ma è altresì vero che altri Paesi stanno guadagnando terreno, e velocemente. “Io continuo a ripeterlo: non bisogna sedersi sugli allori, non dobbiamo adagiarci sui successi. Molte Nazioni come Austria, Norvegia e Gran Bretagna, stanno davvero raggiungendo ottimi livelli nell’attrazione e nella promozione della ricerca e nello sviluppo del settore biomedico. Il mio è un appello alla politica e alle istituzioni in generale. Bisogna assolutamente evitare le delocalizzazioni e l’unico modo per farlo è quello di agevolare questo tipo di aziende e di ricerca sul territorio”. Il tutto, restando inseriti nel mercato europeo e quindi favorendo gli Accordi Bilaterali. Il messaggio è chiaro, vediamo se sarà ascoltato.