L’attenzione è tale da scomodare governi, autorità, atenei affermati, media e sindacati in molti Paesi occidentali. Le ipotesi di applicazione sono diverse: spaziamo da una ridistribuzione del monte ore settimanale su 4 giorni al posto di 5 senza diminuzione di salario ad un modello che propone la riduzione del monte ore con un adeguamento proporzionale del salario. L’ipotesi che genera opinioni più contrastanti è quella di introdurre una settimana lavorativa generalizzata di 32 ore senza riduzione di produttività, salario e benefit.
Molti sono i progetti pilota lanciati sia dal settore privato che dal settore pubblico per indagare la plausibilità di queste possibili soluzioni, che mirano ad attenuare alcune problematiche correlate al mondo del lavoro.
Lo Stato precursore a livello europeo in questo campo è il Belgio, che ha introdotto la possibilità di espletare il proprio lavoro su 4 giorni al posto di 5 senza imporre tuttavia il monte ore complessivo.
Per alcuni questa nuova chiave di lettura della distribuzione del lavoro, sembra essere la panacea a diversi mali quali le patologie scaturite da un mondo del lavoro che chiede molto ai lavoratori sia in termini di impegno professionale che di evoluzione continua, la scarsità di risorse umane disponibili sul mercato, la richiesta sempre più pressante da parte dei lavoratori di una work life balance concreta e tangibile e la riduzione di differenze di genere per citarne alcune.
Per altri, si traduce in una chimera, che se dovesse essere trasposta in realtà, andrebbe ad acuire le molte difficoltà che le aziende devono fronteggiare in un mercato globale stravolto nelle sue certezze e consuetudini.
Nel contatto quotidiano con clienti e candidati osservo come, anche se non formalizzata, questa tendenza stia prendendo sempre più piede e che soprattutto profili attrattivi per i datori di lavoro si rendono disponibili a nuove collaborazioni se questa esigenza viene rispettata.
Condivido l’idea che in termini più generali la conciliabilità lavoro e vita privata favorisce il collaboratore, e impatta favorevolmente su molti aspetti essenziali per il miglioramento della produttività aziendale, quali salute, motivazione, predisposizione all’evoluzione personale continua.
Andando oltre nella riflessione, un’attenta e approfondita analisi dell’operatività aziendale messa in relazione alle esigenze individuali dei collaboratori, potrebbe rivelare anche altri fattori di redistribuzione delle ore lavoro, ispirati ad esempio dal settore o dalla stagionalità, focalizzando su una crescita non polarizzata su fronti opposti, bensì su una logica di sostenibilità più ampia e lungimirante a favore di tutti.
Alessandra Bieri,
Consulente Senior Luisoni Consulenze SA
www.luisoni.ch