A Bellinzona, lungo la sponda destra del fiume Ticino, si trova una ex caserma militare. Edificata nel 1959 su progetto dell’architetto Augusto Jäggli, fu trasformata in scuola durante gli anni ’80. I vecchi e imponenti alberi sono rimasti e creano, insieme alle generose superfici erbose, una sorta di grande parco. Qui ha sede da qualche tempo l’Istituto cantonale di economia e commercio (ICEC). Nel suo campus si trovano la Scuola cantonale di commercio, la Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo e la Scuola specializzata superiore di economia. Presso le tre scuole sono iscritti un migliaio di apprendisti.
In seguito alla crescente domanda, l’ICEC aveva da tempo necessità di nuovi spazi didattici. Nel 2010 è stato perciò lanciato un bando di concorso per l’ampliamento, vinto dallo studio di architettura Canevascini & Corecco di Lugano. Il progetto vincitore, inaugurato nel 2020, consiste in un una costruzione dalla forma allungata che si estende tra l’edificio preesistente e il Canale Saleggi. Verso nord, per ospitare l’aula magna, la forma si ribella all’orizzontalità e con orgoglio inclina e alza la copertura. L’ampliamento è collegato puntualmente al blocco principale attraverso i due corpi scale, tra il piano terra e il primo livello.
Meno scaldacqua
La progettazione di tutta l’impiantistica è stata affidata alla Rigozzi Engineering SA di Giubiasco. Dato che la nuova costruzione è sollevata da terra per dare spazio ai parcheggi sottostanti, i locali tecnici sono stati alloggiati al piano interrato della struttura originaria. Manuel Rigozzi, direttore e titolare della Rigozzi Engineering SA, indica un imponente bruciatore a gasolio da 4 megawatt di ELCO e precisa: «Questo è solo il backup. L’intero campus è allacciato alla rete di teleriscaldamento dell’Impianto cantonale di termovalorizzazione dei rifiuti di Giubiasco (ICTR). Attraversando una porta si raggiunge una seconda centrale, dove si trova il sistema di produzione dell’acqua calda per la nuova costruzione, composto da un accumulatore tecnico (1’500 litri) e due moduli per acqua calda sanitaria 50.3 di ELCO. «Questi moduli sono molto flessibili, di minimo ingombro e possono essere inseriti in cascata. L’acqua calda è così prodotta proprio nel momento in cui serve», dichiara Rigozzi.
Nel resto della Svizzera, gran parte dei sistemi di produzione dell’acqua calda è ancora realizzata con scaldacqua. Non così in Ticino, sottolinea Manuel Rigozzi: «L’ordinanza sull’acqua potabile e sull’acqua per piscine e docce accessibili al pubblico (OPPD), entrata in vigore nel 2018, ha segnato la svolta. Per poter garantire sia l’igiene dell’acqua potabile che la protezione antilegionella, da allora progettiamo e realizziamo quasi esclusivamente impianti con moduli per acqua calda sanitaria.» Molto spesso sono anche i committenti a richiederli. «Noi siamo vicini alla Lombardia, che è stata duramente colpita dal Covid-19. Anche se il coronavirus si trasmette per via aerea e non tramite l’acqua, in Ticino il dibattito sull’igiene è stato molto incisivo e ha avuto un impatto anche sulla produzione dell’acqua calda sanitaria. Persino nelle piccole case plurifamiliari abbiamo di fatto abbandonato l’utilizzo dello scaldacqua», afferma Rigozzi.
Integrazione flessibile
Il corretto dimensionamento è essenziale affinché un impianto a moduli per acqua calda sanitaria sia convincente dal profilo sia energetico che pratico. A detta di Manuel Rigozzi, con una buona progettazione si può trovare il giusto compromesso tra capacità di prelievo e volume di accumulo. La flessibilità è un aspetto che viene in aiuto: i moduli per acqua calda sanitaria possono essere combinati con un qualsiasi vettore energetico. Sono perciò ideali per impianti a combustibili fossili, impianti a termopompa o per reti di teleriscaldamento. «In Ticino è inoltre frequente la combinazione con un impianto solare termico. Gran parte dell’energia necessaria è così prodotta direttamente sul proprio tetto», afferma Manuel Rigozzi.
Una combinazione di solare termico e moduli per acqua calda sanitaria è stata realizzata ad esempio nel Centro sportivo nazionale della gioventù di Tenero. Il CST dispone di oltre 160 impianti sportivi, fra cui anche una palestra multiuso per squash e judo, una piscina con vasca di 50 metri, pareti di arrampicata e una pista di pumptrack. Questa molteplice offerta è subito evidente: mentre i ragazzi di una squadra di calcio della Svizzera romanda discutono animatamente la prossima partita, un gruppo di ragazze in monopattino li superano per recarsi al loro allenamento di ginnastica artistica. Dall’altro lato si avvicina un gruppetto di giovani mountain biker dall’aria stanca, mentre una schiera di bambini con borracce va ad occupare i tavoli da picnic sotto il grande portico dello stabile Brere. La costruzione, firmata da Mario Botta, si sviluppa su tre piani ed è stata inaugurata nella primavera 2023 come quarta tappa di ampliamento del CST.
Docce
Dal 2010, sul tetto dello stabile «Stecca campeggio» è installato un grande impianto di collettori solari termici con una superficie complessiva di 500 metri quadrati. In origine, l’impianto era utilizzato per la produzione dell’acqua calda del campeggio. Nel quadro dei lavori di costruzione dello stabile Brere, gli impianti tecnici sono stati ammodernati. Michele Rimoldi, capo progetto responsabile alla Rigozzi Engineering SA, spiega: «Con l’impianto solare termico esistente alimentiamo ora un unico modulo ad elevate prestazioni nel campeggio del CST. Sfruttiamo inoltre il calore solare per i quattro nuovi moduli ELCO qui nello stabile Brere.» Per alimentare i moduli, nella centrale tecnica ci sono tre grandi accumulatori da 6’000 litri ciascuno. Si tratta degli accumulatori ACS del vecchio impianto, che sono stati dotati di un nuovo isolamento e riutilizzati. «Non bisogna sempre smantellare e sostituire tutto, si possono anche mantenere i componenti ancora in buono stato. Anche questo rientra nel concetto di sostenibilità», commenta Rimoldi.
Gli impianti tecnici dello stabile Brere si trovano nel sottotetto. Michele Rimoldi ci guida attraverso il lungo locale e sul percorso accenna a uno schema di quasi tre metri appeso alla parete: «L’intero impianto è molto complesso e il fatto che funzioni perfettamente ci rende ancora più orgogliosi.» In fondo al locale sono installati i quattro moduli per acqua calda sanitaria. Anche in questo caso si tratta del modello 50.3 di ELCO. Rimoldi illustra le particolari esigenze poste alla produzione dell’acqua calda: «Qui i consumi variano enormemente. A seconda dell’utilizzo degli impianti sportivi possono esserci ogni ora da due a 120 giovani che vogliono fare una doccia calda. I moduli per acqua calda sanitaria ci consentono di coprire in modo flessibile questa enorme fascia di prelievo.» A supporto della produzione di acqua calda, nello stabile Brere è inoltre in funzione una termopompa acqua-acqua industriale con una potenza di 300 kW.
Molteplici vantaggi
Alberto Pisan, consulente per ingegneri alla ELCO, ribadisce la grande flessibilità e la perfetta igiene che caratterizzano i moduli per acqua calda sanitaria: «Questi impianti si prestano molto bene per essere scalati, da uno a quattro moduli o persino di più. L’integrazione tramite un accumulatore tecnico è ben realizzabile a prescindere dal vettore energetico; l’igiene e il comfort sono ai massimi livelli.» Ad essere particolarmente convincente è la flessibilità di questa tecnologia: dai piccoli edifici residenziali ai grandi impianti sportivi fino alle strutture con elevati requisiti di igiene (case per anziani, cliniche, centri di riabilitazione), i moduli per acqua calda sanitaria danno sempre il meglio di sé. La costruzione intelligente riduce al minimo la formazione di calcare e la precisa regolazione della temperatura impedisce inutili perdite di energia.
Testo: Michael Staub