In questo articolo esploreremo alcuni principi generali riguardanti le politiche fiscali che i governi dovranno affrontare nel prossimo futuro riguardo alla possibile tassazione delle società che sviluppano e commercializzano sia sistemi di Intelligenza Artificiale, sia i servizi ad essa correlati. Ci proponiamo di stimolare un dibattito costruttivo tra tutti gli attori interessati, affrontando questo argomento in modo informativo.
Gli algoritmi di machine learning (ML) sono presenti da decenni e hanno contribuito notevolmente allo sviluppo tecnologico, migliorando l’efficienza operativa e la qualità dei servizi in vari settori aziendali. Tuttavia, solo di recente, con l’apertura al pubblico nel 2022 di ChatGPT 3, l’attenzione sull’AI ha raggiunto livelli senza precedenti. Questo algoritmo può comunicare in linguaggio naturale con gli utenti e produrre autonomamente nuovi contenuti, aprendo nuove applicazioni e promettendo trasformazioni aziendali significative.
L’adozione dell’AI implica cambiamenti nei processi aziendali, con l’automazione delle decisioni che diventano più rapide e accurate grazie alla capacità di elaborare enormi quantità di dati. Questo impatto è evidente in diversi settori, dall’ottimizzazione delle risorse umane alla produzione. Tuttavia, è fondamentale mantenere un equilibrio tra automazione e lavoro umano e garantire un uso etico e responsabile dell’AI.
Nonostante i benefici, l’adozione dell’AI presenta anche sfide e preoccupazioni tra cui la privacy dei dati, la sicurezza informatica e l’impatto sull’occupazione. È essenziale affrontare queste questioni proattivamente per garantire il suo responsabile utilizzo.
Per rimanere competitive le aziende dovranno adattarsi e abbracciare questo strumento, sfruttandone il potenziale per migliorare i processi aziendali e soddisfare le esigenze dei clienti. Chi non saprà adattarsi rapidamente rischierà di diventare sempre meno competitivo e di essere quindi soppiantato da nuove realtà più efficienti e dinamiche. Tuttavia, è importante che l’adozione dell’AI avvenga in modo ordinato ed equilibrato per limitare gli effetti negativi sulla società.
Il ruolo dello Stato diventa cruciale nel regolare questa rivoluzione tecnologica, sia attraverso normative specifiche per controllarne l’uso improprio, sia attraverso misure di sostegno per coloro che ne saranno colpiti negativamente. È noto che un volano molto importante nell’influenzare le scelte aziendali è la variabile fiscale, sorge quindi legittimo chiedersi come e fino a che punto si potrà (e vorrà) regolamentare il suo utilizzo attraverso la politica tributaria basata su scelte dettate dalla scienza delle finanze.
Perché tassare l’Intelligenza Artificiale?
Si stima che l’AI possa portare a un potenziale aumento del PIL globale del 14% entro il 2030, grazie a un aumento senza precedenti della produttività. Tale incremento della ricchezza prodotta è senz’altro molto positivo, tuttavia occorre chiedersi come questi benefici saranno suddivisi e porsi interrogativi sulla distribuzione equa dei benefici che ne deriveranno.
Lo sviluppo di questi algoritmi richiede investimenti miliardari e accesso a enormi banche dati che solo poche multinazionali al mondo possono permettersi, poche aziende competeranno in questo ambito.
Siamo quindi di fronte a gruppi che controllano la tecnologia a fronte di molte startup ad alta concentrazione di capitale e con personale altamente qualificato che stanno sviluppando applicativi per le aziende, le quali saranno in futuro in grado di automatizzare buona parte dei processi produttivi e decisionali. La conseguenza prevedibile è che gli organici saranno ridimensionati considerato che una persona affiancata dall’AI sarà in grado di fare il lavoro che prima competeva a tre individui. Prevedibilmente si assisterà a una accelerazione del processo di accumulazione della ricchezza nelle mani di coloro che investono capitali a scapito anche del lavoro.
Scenario già visto in tutte le rivoluzioni industriali e tecnologiche che si sono succedute dal 1800 a oggi. La novità è che questa volta a essere toccato non sarà il solo lavoro manuale, bensì anche e principalmente il lavoro intellettuale, quasi nessuna professione del terziario e del terziario avanzato è immune a questa potenziale sostituzione. Occorrerà quindi rivedere radicalmente l’impostazione del sociale e pensare a strumenti di distribuzione dei redditi e della ricchezza.
A oggi l’AI ha influenzato marginalmente l’occupazione, sono ormai numerosi gli studi che indicano che questo potrà rapidamente cambiare. McKinsey stima al 30% gli effetti sulle ore lavorative negli Stati Uniti nei prossimi 6 anni a causa del miglioramento dell’automazione, stesse conclusioni anche per Goldman Sachs. Un’analisi di Resume Builder evidenzia che almeno un terzo degli apicali aziendali ha sostituito nel 2023 i lavoratori con sistemi autonomi. Infine, Pew Research Center ha rilevato che il 19% di tutti i lavoratori negli USA sono esposti all’AI.
Un approccio bilanciato dovrebbe includere incentivi fiscali per le aziende che utilizzano l’Intelligenza Artificiale per creare nuovi posti di lavoro e migliorare la qualità della vita e, allo stesso tempo, introdurre nuove imposte mirate per le aziende che traggono enormi profitti senza contribuire significativamente al benessere dell’economia generale e del sociale. Si dovrebbe puntare a una ridistribuzione dei proventi per sostenere coloro che avranno il lavoro ridotto a causa dell’automazione e incentivare gli investimenti per l’innovazione e la competitività a lungo termine.
Queste tendenze indicano che, sebbene l’AI possa offrire vantaggi economici a lungo termine, la transizione richiederà notevoli sforzi sociali e politici; gli effetti benefici dell’automazione, come sottolineato da Daron Acemoglu e Simon Johnson in un documento per il FMI, non saranno condivisi automaticamente con tutti. I profitti andranno a una cerchia di privati e invece i relativi costi per mitigare i danni ricadranno sul pubblico.
La determinazione della base imponibile e lo scopo specifico delle nuove imposte e tasse sono sfide complesse che richiedono una pianificazione strategica. Una tassazione eccessiva potrebbe frenare l’innovazione e la competitività o incentivare lo spostamento del luogo di produzione del reddito, soprattutto se non uniformata a livello globale.
Determinare come incidere sull’AI è una sfida complessa considerato il campo di utilizzo in una vasta gamma di settori e applicazioni: saranno necessarie nuove Leggi e regolamenti per definire e monitorare le attività soggette a tassazione. Non va inoltre dimenticato che questa tendenza è in atto a livello mondiale e scelte strategiche sbagliate avranno conseguenze catastrofiche sulla competitività di un Paese.
Il dibattito sulle politiche fiscali richiede urgenza e dovrebbe concentrarsi su quanto e quale reddito o profitto tassare e sullo scopo specifico dell’imposta: concentrarsi specificamente sulla mitigazione della perdita di posti di lavoro o affrontare più ampiamente gli impatti sociali dell’AI?
In conclusione, la questione dell’AI solleva importanti punti economici, sociali ed etici che richiedono un dibattito approfondito e linee strategiche da parte dei politici e dei leader dell’industria. Mentre l’AI continua a trasformare il nostro mondo è essenziale adottare approcci responsabili che massimizzino i suoi benefici e mitighino i suoi potenziali rischi.
Resta da capire, considerando i costi imminenti per la comunità, se i discorsi che stanno nascendo in merito a tassare l’Intelligenza Artificiale siano l’effettiva risposta al problema o – invece – una cura veloce e comoda per una politica che non ha ancora capito come approcciare il problema e come dare risposte. Soprattutto si rischia di voler regolamentare un settore avendo scarsa conoscenza della scienza delle finanze e pensando a disegni di imposta non basati su analisi economiche.
Franco Confalonieri,
Dottore Commercialista
Docente Business Plan al Master of Advance Studies SUPSI
Moreno Brughelli,
Titolare ICFA Sagl e Finvolve AG,
PhD in Finanza e Master in Tax Law