Nell’ambito della gestione d’impresa viene attribuita una crescente rilevanza alla corporate governance, l’attività di governo dell’impresa. Tuttavia, la maggior parte dei testi che trattano dell’argomento sono destinati alle imprese di grandi dimensioni e ai consiglieri delle società quotate e sono meno pertinenti quando si esaminano le imprese medie e familiari.
Al CINEAS (N.d.A. Consorzio Universitario fondato nel 1987 dal Politecnico di Milano che presiedo) opera, da dieci anni, l’Osservatorio delle Medie Imprese italiane che analizza periodicamente le attività di 350 imprese con fatturato compreso tra 20 e 150 milioni di Euro. Nel tempo, abbiamo potuto censire le attività di corporate governance, in particolare con riguardo all’approccio alla successione d’impresa, alla gestione dei rischi, all’impatto della pandemia e del contesto geopolitico, alle azioni di sostenibilità.
Da queste analisi, che sono verosimilmente applicabili anche alla realtà del canton Ticino, emergono le specificità dell’impresa familiare, si evidenziano correlazioni tra alcune scelte e una migliore performance e si evidenziano le iniziative più promettenti in materia di governance.
La principale specificità dell’impresa familiare è senza dubbio la centralità dell’imprenditore e la forte dipendenza dell’impresa da questa figura di riferimento. Nel suo recente articolo, “The Overstretched CEO”, la rivista The Economist poneva in prima pagina un fenomeno che colpisce la gestione delle imprese: la difficoltà per il capo azienda di avere cognizione, di poter interpretare correttamente e di agire su mercati sempre più complessi.
Se questa situazione può essere sfidante per imprese di grandi dimensioni, dotate di strutture dedicate all’analisi dei mercati, essa lo è ancor di più per l’impresa familiare che non dispone di strutture permanenti, ma deve comunque far fronte allo stesso contesto.
Pertanto, il sistema di corporate governance della impresa familiare può dirsi efficace, se riesce ad accompagnare l’imprenditore in almeno quattro funzioni fondamentali:
- La consapevolezza delle opzioni strategiche disponibili e la selezione di quelle più promettenti
- L’evoluzione dell’organizzazione d’impresa in relazione allo sviluppo dell’attività e ai cambiamenti di mercato.
- L’identificazione dei rischi, soprattutto quelli, operativi e finanziari, di natura esistenziale
- La valutazione delle competenze, in particolare delle capacità e della motivazione delle figure chiave dell’impresa
Per la strategia, si tratta di raccogliere e filtrare le informazioni rilevanti del proprio settore di attività (imprese concorrenti, aspettative mutevoli della clientela, …), di integrare l’innovazione tecnologica soprattutto nella componente che potrebbe modificare le regole della competizione (potenziali riduzioni dei costi, aggiunta di nuovi servizi, nuove modalità di pricing, …) e di identificare opportunità realistiche di sviluppo ( internazionalizzazione selettiva, introduzione di nuovi prodotti o di varianti dell’offerta, … ).
L’evoluzione organizzativa si impone con la crescita dell’impresa e la sempre maggiore difficoltà dell’imprenditore di controllare direttamente tutte le attività svolte. Si realizza con la creazione di funzioni e di processi organizzativi adatti alla nuova dimensione d’impresa che la rendono adatta alla nuova fase di sviluppo e alle dinamiche competitive di settore.
La valutazione dei rischi di natura esistenziale, ovvero quei rischi che possono mettere a rischio l’esistenza dell’impresa – si pensi alla scarsità delle materie prime, all’interruzione delle catene di fornitura dei semilavorati, alla perdita di proprietà intellettuale o di reputazione – è sempre più urgente visti i più recenti eventi, pandemie, guerre e eventi climatici estremi. Tuttavia, il modello di gestione del rischio è spesso incompleto. La prima fase, quella della mappatura dei rischi è praticata dal 67% delle imprese, ma già la fase successiva, di monitoraggio dei rischi identificati, interessa solo il 38,6% delle aziende. Le percentuali diminuiscono passando alle successive fasi che prevedono la scelta dei provvedimenti da adottare (26,5%) e la condivisione con il Consiglio di Amministrazione (13,9%). La conoscenza dei rischi da parte del CdA diventa oggi un tratto ineludibile di una governance moderna.
Infine, la valutazione delle competenze necessarie per proseguire nel tempo l’attività di impresa. In questo ambito, le competenze dell’imprenditore sono centrali. Pertanto, la successione d’impresa non solo deve iniziare per tempo, ma che deve attentamente considerare le qualità e le competenze dei membri della famiglia. Atteso che per dare futuro all’impresa, la nuova generazione deve essere attivamente coinvolta, la principale decisione riguarda se essa debba esercitare il “ruolo di imprenditore-azionista” o invece concentrarsi solo sul “mestiere di azionista”, tenendo conto anche dell’interesse espresso dai membri della famiglia. Nelle nostre ricerche, i casi di successo di imprese familiari affidate a manager esterni si sposano con un adeguata preparazione della famiglia a svolgere il ruolo di azionista attivo. Si noti che questo modello di governance “aperta” genera in media performance economiche migliori, rispetto alle aziende dove permane la sovrapposizione tra proprietà e gestione familiare (ROI: 13,2% vs 10,2%).
Per le imprese familiari, la costruzione di un sistema di governance ha il compito di assistere i vertici dell’impresa per la strategia, l’organizzazione, i rischi e le competenze.
Le nostre ricerche mettono in luce alcuni strumenti cui puo fare affidamento l’impresa familiare per dotarsi delle regole e dei supporti necessari, in particolare:
- L’adozione di un Codice di Autodisciplina
- La scelta sulla composizione del Consiglio di Amministrazione
- La nomina di uno o più Business Advisors
- L’accompagnamento permanente alla crescita d’impresa
L’adozione di un Codice di Autodisciplina è strumento a disposizione della governance d’impresa. Il Codice si propone di fornire un insieme di principi e raccomandazioni per un sistema di governo societario evoluto, che preveda un corretto bilanciamento delle deleghe e delle responsabilità attribuite all’interno degli organi di governo dell’impresa, tenendo conto anche degli interessi della famiglia. La diffusione del Codice è limitata al 26,7% di imprese analizzate. Esse presentano in media una quota partecipativa della famiglia un po’ più diluita (79% vs 86%), una maggiore numerosità del CdA (4 membri vs 3 membri) e una quota di consiglieri indipendenti più elevata (10,5% vs 5,4%). Il Codice spesso stabilisce delle regole per ridurre le interferenze tra interessi dei singoli e interesse collettivo dell’impresa, e può indicare un sistema di regole adottate a monte per ridurre possibili conflittualità tra i membri della famiglia. Le più grandi imprese familiari del mondo hanno codificato un sistema di regole elaborato ed efficace.
La presenza di consiglieri indipendenti, esperti ed esterni al contesto familiare, in seno al Consiglio di Amministrazione è una best practice che viene adottata dalle imprese familiari di maggior successo. In alcuni casi, agli amministratori esterni vengono affidate anche le deleghe di gestione. Di norma, questa scelta rende più agevole una valutazione oggettiva delle performance e l’eventuale scelta di sostituire il vertice aziendale in caso di difficoltà.
Il mestiere del Business Advisor è relativamente nuovo, anche se informalmente è sempre esistito nelle imprese familiari nelle figure delle persone di fiducia dell’imprenditore. La principale novità risiede, forse, nel tipo di profilo scelto al di fuori delle circolo delle conoscenze. Si tratta di professionisti con lunga esperienza di gestione d’impresa anche in ambiti multinazionali, con una profonda conoscenza di business e che possono rivestire ruoli diversi: accompagnamento della successione d’impresa, supervisione di progetti critici per l’impresa, sparring partner dell’imprenditore nelle decisioni strategiche. Si tratta qui di una forma di consiglieri “esterni non indipendenti” , nel senso che non sono membri del CdA e che possono essere revocati in qualsiasi momento dall’imprenditore. Nella nostra esperienza, apportano un notevole valore aggiunto, soprattutto nel suggerire nuove strategie, nell’accelerare la realizzazione di progetti trasversali e nella valutazione oggettiva delle competenze disponibili.
Infine, stanno nascendo società che si affiancano all’imprenditore per favorire l’evoluzione organizzativa dell’impresa e accelerarne la crescita. Le ho scoperte per caso, essendo stato nominato nel CdA di una di esse in Svizzera. Non si tratta di consulenti tradizionali, che spesso hanno un’esperienza più di analisi che di gestione, ma di persone con un passato imprenditoriale. Essi riescono spesso ad ottenere, con il loro affiancamento durevole all’organizzazione d’impresa, apportando competenze, sviluppando la governance e rafforzando i processi interni, notevoli risultati di crescita, soprattutto se l’impresa familiare non ha ancora raggiunto la dimensione per potersi dotare di tutte le funzioni necessarie.
Un ultimo strumento, sovente trascurato, è quello della formazione dei membri della famiglia alla corporate governance. Anche qui, occorre rivolgersi a corsi capaci di affrontare i temi dal punto di vista di una PMI che opera sul territorio.
Quindi, costruire la governance della impresa familiare significa creare un sistema di regole e una rete di accompagnamento volta ad aiutare l’imprenditore a superare la sua “solitudine” al comando. Accanto alle persone di fiducia, l’imprenditore si dota di competenze sull’innovazione, sulla gestione del rischio e di analisi di mercato necessarie all’impresa del XXI secolo.
Massimo Michaud,
Membro del comitato direttivo e co-fondatore del Board Forum Svizzera Italiana