A livello macro-economico compromettono la capacità degli istituti finanziari di reagire alle crisi, il che invece resta il motivo alla base della fiducia che la microfinanza internazionale rivolge proprio alle grandi organizzazioni del settore.
Queste le osservazioni del report “Il danno che le incursioni informatiche causano alla stabilità economica globale”, elaborato dai ricercatori del World Economic Forum-WEF e diffuso dai suoi portali informatici sulla base di rilevazioni fornite dal Fondo Monetario Internazionale.
Veniamo ad un esame delle cause, prima di valutarne i danni.
L’aumento esponenziale dei progressi tecnici generati dalla criminalità digitale, osservano gli studiosi, consente di superare la semplice appropriazione del denaro altrui e ormai punta alla conquista e utilizzo di tutti quei dati che profilano, anticipano e quindi condizionano i comportamenti dei risparmiatori, ovvero della collettività mondiale.
A collegare il rapporto di causa ed effetto fra questi fenomeni, si conferma il fatto che i crimini digitali orchestrati dalle organizzazioni internazionali generano patologie economiche in misura altrettanto universale. Basti pensare al cosiddetto danno reputazionale, di immagine, al diffondersi di crisi di fiducia che finiscono per condizionare non solo in modo orizzontale i rapporti fra gli operatori, ma anche la struttura verticale, le gerarchie, delle relazioni economiche globali.
I motivi sono presto chiariti: “malgrado gli incidenti informatici non abbiano ancora raggiunto una diffusione sistemica”, rilevano gli esperti citati dal WEF, “questi rischi si sono velocemente moltiplicati per due motivi. Il primo è dovuto alle tensioni geopolitiche globali”, ovvero ai conflitti attualmente combattuti in varie zone del mondo, che generano tutta una serie di attacchi informatici anche in paesi estranei alle zone di guerra e da intendersi come propagazione a livello virtuale di una guerra asimmetrica.
A seguire, “la rapida evoluzione digitale abbinata alle innovazioni tecnologiche di ultima generazione”, leggasi: intelligenza artificiale.
Veniamo alle cifre: nel quadriennio 2017-2021, ricorda lo studio del WEF, il numero degli attacchi digitali è passato da 7’500 a 11’500, e ha provocato all’economia mondiale danni saliti da 5 a 25 miliardi di dollari.
Confrontati a questi numeri, anche gli esperti prendono atto di un’evidenza già condivisa dalla normale utenza digitale: “sebbene l’opinione comune li presuma inviolabili”, osserva il dipartimento di cyber-sicurezza industriale presso il WEF, “anche gli istituti finanziari, esattamente come accade in qualsiasi altro settore economico, si confermano vulnerabili ad un aumento costante e sofisticato degli attacchi informatici”.
In particolare, per lo specifico comparto finanziario, l’elenco dei danni ed un esame dei costi marciano di pari passo. Fra il 2004 e il 2023, gli episodi di pirateria informatica sono esplosi da zero ad oltre 22’000, e contemporaneamente hanno generato perdite che da inesistenti oggi invece superano i 12 miliardi di dollari.
Per contrastare queste patologie, osservano gli esperti consultati dal WEF, è necessario che il mondo finanziario rafforzi i presidi delle difese digitali. Innanzitutto, cominciando a prevedere scenari di crisi, stress test, che valutino l’impatto delle infrazioni digitali sul bilancio e sul capitale degli istituti. Al medesimo tempo, è necessaria una revisione delle normative che agevoli una condivisione globale delle informazioni sulla pirateria informatica e che superi i confini nazionali, specie quando si considera che gli attacchi digitali provengono da paesi altri e diversi da quelli che poi si trovano a subirne le conseguenze e pagarne i danni.
In parole semplici, riassumono i tecnici del WEF, oggi è prioritario che gli ecosistemi digitali garantiscano una sicurezza condivisa, e si ponga rapidamente fine al divario tecnologico ancora in essere fra i vari operatori e gli altrettanto molteplici regimi normativi nazionali.
“Mentre le grandi organizzazioni hanno dimostrato di aver fatto progressi nel campo della cybersecurity”, aggiunge infatti il Global Security Outlook 2024 allestito dal WEF, “la resilienza informatica delle piccole e medie imprese (PMI) invece è diminuita. In particolare si è registrato un calo del 30% delle PMI che possono considerarsi sicure in termini di resilienza informatica, nonostante proprio le PMI rappresentino la maggioranza del tessuto industriale di molti paesi. A complicare queste considerazioni”, sottolineano gli esperti, “la disparità tra chi può ritenersi vulnerabile o, al contrario, sicuro da un punto di vista informatico ora si trova ad essere costantemente sotto esame perché favorita da un inarrestabile progresso tecnologico”.
Non c’è che un modo per risolvere questi inconvenienti: aggiornare le competenze informatiche tramite la formazione di una nuova generazione di professionisti.
In particolare, avvertono gli esperti del WEF, oggi si registra una carenza a livello globale di 4 milioni di specialisti in cybersecurity.
È proprio questa mancanza di risorse e competenze che oltre la metà delle amministrazioni pubbliche mondiali indica come la sfida principale per raggiungere quella resilienza digitale indispensabile a presidiare in modo trasversale le esigenze anche del settore privato. In altri termini, questo partenariato pubblico-privato è indispensabile, specie in ambito finanziario, al buon funzionamento della società globale.
Andreas Grandi
www.weforum.org