Per le aziende familiari multigenerazionali, è importante riferirci alla famiglia allargata, quella composta da zie, zii, cugini, ecc. Infatti, col passare delle generazioni la famiglia si allarga fino a comprendere numerosi rami. I membri di questa “famiglia” sono proprietari di azioni, siedono nei Consigli di Amministrazione, occupano posizioni direzionali, ecc.
Alcuni rami detengono quote di maggioranza e maggiori posizioni di governo e direzione, altri sono in posizioni minoritarie. Il successo e la longevità dell’azienda dipendono, in buona misura, dalla coesione della proprietà, cioè dalla coesione delle famiglie proprietarie. A volte è indispensabile “potare” qualche ramo familiare, quando la coesione viene meno in modo irreparabile.
Queste operazioni di liquidazione sono però costose finanziariamente e sul piano delle relazioni personali. Vale quindi la pena di prevenire il problema. Qui entra in gioco la governance della famiglia allargata, che si articola in vari strumenti che descriverò sinteticamente nelle righe seguenti.
Per mantenere coesa una famiglia, i cui vincoli di parentela tendono ad allentarsi col passare delle generazioni, non c’è miglior strumento che riunirsi. Riunioni di famiglia allargate costituiscono il più semplice e, purtroppo spesso trascurato, strumento di governo. Sono riunioni informali che raccolgono membri di varie generazioni, indipendentemente dalle quote possedute e dalle posizioni ricoperte in azienda.
Servono a rinsaldare i legami e a rafforzare il senso d’appartenenza e l’orgoglio di essere parte della famiglia che ha fondato l’impresa. Attenuano l’appartenenza al ramo familiare a vantaggio dell’appartenenza alla famiglia allargata. Queste riunioni sono anche preziosi momenti per condividere i valori comuni e per trasmetterli alle nuove generazioni. Alcune riunioni possono essere particolarmente dedicate ai giovani la cui socializzazione è più importante e, spesso, meno spontanea di quella dei genitori.
Non occorrono molte riunioni; due o tre l’anno possono essere sufficienti. Anche se si tratta d’incontri informali è bene che siano pianificate. Qualche familiare senior dovrebbe assumersi il coordinamento dell’iniziativa, magari facendosi supportare da un esperto.
Passando a strumenti più formali, introdurrei i Consigli di famiglia. Anche qui, la partecipazione non è riservata agli azionisti e ai familiari che occupano posizioni di governo o direzione (per loro esistono già organi aziendali, quali i Consigli di Amministrazione e i Comitati direttivi, che è inutile replicare). Sono Consigli dedicati a discutere la relazione di fondo tra la famiglia allargata e l’impresa di famiglia.
Sono pertinenti domande del tipo: “Come immaginiamo il futuro della nostra famiglia con l’impresa per i prossimi cinque, dieci, vent’anni?”, “Com’è meglio formare le nuove generazioni perché valorizzino i propri talenti ed, eventualmente, rispondano alle necessità dell’azienda?”. “I valori che ci hanno tenuti uniti fino a qui devono essere aggiornati?”.
Senza esagerare coi formalismi è bene che i temi in discussione siano contenuti in un ordine del giorno, che qualcuno presieda il Consiglio, che i punti di vista siano riportati in un verbale (di solito non sono necessarie votazioni formali, anche se non si possono escludere). Uno o due consigli l’anno sono sufficienti a meno che non emergano questioni importanti di discutere.
Vale anche la pena di sottolineare che ripetute divergenze di punti di vista possono costituire una base oggettiva per una separazione, possibilmente consensuale, di singole persone o di alcuni rami familiari.
I patti di famiglia sono uno strumento preziosissimo di governance della famiglia allargata, che consiglio vivamente di adottare in tutte le famiglie a partire dalla seconda generazione (per intenderci quando ai fratelli e alla sorelle si comincia a prevedere in tempi medi l’aggiunta dei cugini).
Perché serve un patto?
Perché la distribuzione necessariamente non paritetica (a meno di distribuzioni fortunate) delle quote e delle posizioni di governo e direzionali tende a far emergere legittime attese divergenti su alcuni temi cruciali, quali la distribuzione dei dividendi, il valore da assegnare alle quote (le imprese familiari sono in grande maggioranza non quotate), le politiche di comunicazione nei confronti degli azionisti di minoranza, i vincoli all’eventuale cessione di quote, le condizioni che i giovani devono soddisfare per candidarsi a posizioni in azienda, i limiti di età raggiunti i quali si devono lasciare le cariche, le politiche di rimunerazione delle cariche societarie e delle posizioni direzionali, ecc. Un patto tra i rami su questi temi è essenziale per continuare ad assicurare all’azienda una maggioranza coesa sui punti fondamentali. In altre parole, il patto di famiglia serve a contemperare interessi legittimamente divergenti.
È essenziale che i patti siano una combinazione di principi-valori e di regole. Richiamare i valori di fondo, emersi durante le riunioni e i consigli di famiglia è importantissimo, perché dai principi si possono logicamente dedurre nuove regole per disciplinare problematiche non previste che dovessero emergere dopo la sottoscrizione del patto. Questo ci porta a dire che il patto di famiglia deve avere una validità temporalmente definita (di solito cinque anni) e deve essere rinnovabile, adeguandosi in tal modo alle dinamiche aziendali e familiari.
Le parti del patto che riguardano temi societari e di governo aziendale, dovrebbero essere introdotti negli accordi societari (patti para-sociali) se non addirittura negli statuti ed eventualmente in regolamenti aziendali.
Se per gli altri strumenti, l’assistenza di esperti è auspicabile, per la negoziazione e la stesura di un patto, essa è indispensabile.
Infine, vorrei dedicare qualche riga alle iniziative dedicate alle nuove generazioni. Intendo qui i giovani familiari in età di formazione, dal liceo all’Università. Sono iniziative di socializzazione, ma anche di trasmissione dei valori, di scoperta e valorizzazione di talenti, di supporto alla scelta dei percorsi formativi e di sostegno nei primi passi della carriera professionale, non necessariamente nell’azienda.
Anche questo è uno strumento troppo spesso trascurato. Non occuparsi per tempo del futuro dei giovani e soprattutto non occuparsene in modo condiviso tra i rami familiari è tra le prime cause di disaccordo e di separazione spesso non consensuale e di crisi aziendali. Non dobbiamo, infatti, mai dimenticare che una proprietà divisa è all’origine di paralisi decisionali che conducono a crisi spesso irreversibili.
Siamo ottimisti; la nostra associazione AIF Ticino è in prima linea per aiutare le famiglie imprenditoriali plurigenerazionali a dotarsi degli strumenti di governance adeguati, anche a favore dei familiari più giovani, la famosa “next gen”, attraverso seminari su temi specifici e momenti d’incontro con altre realtà familiari.
Gianluca Colombo,
Professore emerito, Università della Svizzera italiana,
membro dell’advisory board di AIF Ticino
www.aifticino.ch