In sintesi dotare le procedure informatiche di garanzie che siano adatte alle normative del paese di origine del prodotto e contemporaneamente anche a quelle specifiche delle nazioni di utilizzo. Si tratta di una tematica che il mondo non solo accademico ma anche economico sta già discutendo, come ad esempio ricordato nel recente convegno sulla Intelligenza Artificiale promosso della Ceresio Investors di Lugano insieme alla Camera di Commercio Italiana in Svizzera, ed inaugurato dall’Ambasciatore Gian Lorenzo Cornado che, proprio in tale circostanza, ha ufficializzato il triennio delle sue attività istituzionali nella Confederazione.
E proprio su questo argomento, dicevamo, si conferma l’urgenza di ulteriori contributi scientifici.
Lo segnala il report “Il dilemma locale-globale nella regolamentazione delle transazioni digitali internazionali”, pubblicato dal World Economic Forum di Ginevra, uno dei principali centri di ricerca socio-economica mondiale.
Tre, segnalano i ricercatori del WEF, sono i presupposti che troviamo alla base di questa problematica.
Innanzitutto, in Europa come nell’America Settentrionale, la pubblica amministrazione ha avviato una revisione delle attuali procedure informatiche. Ad ulteriormente motivare queste iniziative, c’è la consapevolezza che anche il coordinamento sovra-nazionale delle procedure digitali oggi può contribuire alla ripresa economica mondiale.
Quindi, e siamo al terzo punto, il timing: ora è il momento di agire, senza ulteriori ritardi, se si considera che con Chat GPT l’Intelligenza Artificiale si sta rapidamente proponendo come la nuova coscienza del mondo, specie per le giovani generazioni, native con questo fenomeno.
Cerchiamo di comprendere a che punto siamo
Alla fine dello scorso mese di agosto, allineandosi con provvedimenti già varati da Australia, Brasile, India, USA, Singapore e fra breve anche da Canada, con il Digital Services Act-DSA, anche l’Europa ha irrigidito i controlli su una ventina delle principali piattaforme digitali e motori di ricerca.
In particolare, le autorità di Bruxelles con il loro provvedimento ora intendono contrastare, oltre alle pratiche dichiaratamente illegali, anche quelle che raggiungono il medesimo risultato non nella forma ma nella sostanza dei loro contenuti. Ebbene, sono proprio provvedimenti come il DSA europeo a mettere in risalto il dilemma fra l’utilizzo decentralizzato dei servizi digitali, che avviene a livello globale, e la segmentazione a livello nazionale delle normative a contrastarne usi ed abusi.
Per farsene una ragione, basti elencare i ricorrenti fenomeni di patologia digitale segnalati dalle cronache, come il bullismo, la disinformazione mediatica tramite notizie apparentemente verosimili o dichiaratamente false, le discriminazioni di genere, gli abusi sui minori, le manipolazioni elettorali e del dialogo politico.
Questi non sono che alcuni degli esempi che giustificano un’armonizzazione a livello mondiale delle normative digitali.
Risolto questo problema, e qui siamo al punto centrale di tutto il discorso, a beneficiarne sarebbero anche gli investimenti nel settore digitale, rinnovando uno sviluppo alle attività di impresa, oltre che un incremento anche delle ricadute economiche per gli stakeholders, tutte le parti sociali interessate, incluse le pubbliche amministrazioni, di queste ultime facilitandone la redistribuzione degli introiti erariali.
Ma torniamo al punto: per superare resistenze, confusioni e lungaggini amministrative nazionali, gli studiosi del WEF propongono di ricorrere ad una strategia modulare.
Semplifichiamola con un esempio: basterebbe ricordare che si ispira all’armonizzazione tecnica che permette alle differenti celle distribuite su scala mondiale quell’utilizzo coordinato che oggi ritroviamo alla base della telefonia mobile, appunto cellulare, in tutto il pianeta.
Già queste considerazioni confermano che lo sviluppo tecnologico continua a precedere quello legale, e tale ritardo continua ad abbandonare il pubblico ad un libero ricorso ad applicazioni digitali le cui conseguenze di utilizzo non sono ancora sufficientemente verificabili.
È chiaro a cosa ci riferiamo: alla nuovissima ChatGPT, applicazione che non ha ancora raggiunto il primo anno di vita.
A soli due mesi dal suo debutto, lo scorso 30 novembre 2022, ricordano gli studiosi, ChatGPT infatti aveva già conquistato 100 milioni di users e, come il suo utilizzo disordinato modificava rapidamente i comportamenti sociali ed industriali, al medesimo tempo già iniziava ad attirare anche l’interesse del Congresso Americano e del Parlamento Europeo.
Questi i presupposti, ricorda lo studio del World Economic Forum, per i quali ora è arrivato il tempo di ricorrere a soluzioni interdisciplinari ed efficaci a livello universale. Si tratta di esigenze, quest’ultime, che partono dal basso, per volontà popolare: “Le democrazie”, infatti osservano gli studiosi del WEF, “non devono aspettare la negoziazione di trattati o altri labirintici accordi diplomatici per migliorare la sicurezza online attraverso le frontiere, nel rispetto dei diritti fondamentali e della sovranità giurisdizionale; le piattaforme informatiche e la società civile fin da ora possono avviare una consultazione intergovernativa sia per creare regolamenti condivisi in linea di principio ed altrettanto dei sistemi che ne permettano il funzionamento”.
A tal fine, ecco quindi giustificarsi l’esigenza di ricorrere all’approccio modulare che abbiamo citato.
“Si tratta di una procedura di co-regolamentazione in cui più parti interessate lavorano con i governi per progettare e realizzare funzioni specifiche, codici di condotta o protocolli da condividere tra le varie giurisdizioni per la soluzione di problemi comuni. I governi partecipanti si impegnano ad accettarne i risultati armonizzandole alle rispettive leggi nazionali, mentre l’applicazione di queste ultime rimarrebbe alla competenza del singolo paese”.
A livello industriale, alcuni settori da tempo già sono disciplinati da protocolli di governance modulare su scala globale. “Ad esempio”, ricorda il report del WEF, “l’International Accounting Standards Board, un comitato indipendente, non governativo e senza scopo di lucro, stabilisce regole contabili internazionali per le società riconosciute in tutto il mondo, mentre le autorità di regolamentazione dei valori mobiliari dei diversi paesi si limitano a partecipare a livello consultivo, ma non hanno alcuna autorità sulle normative contabili”.
A facilitare queste attività di controllo e di governance digitale, già vigente a Singapore e Gran Bretagna, e altresì prevista in elaborazione da Brasile, Stati Uniti e Taiwan, è l’obbligatorietà della valutazione del rischio, definito da un comitato multinazionale in base a procedure standard, uniformi e supervisionate da revisori indipendenti.
Insomma, ricordava il buon senso ancor prima dell’era digitale, come sempre è meglio prevenire, in questo caso le patologie e i rischi informatici, che poi curarli in modo disordinato.
Andreas Grandi,
www.weforum.org