È un po’ particolare leggere di questi tempi i contrari alla più che urgente riforma dell’AVS con l’argomentazione di una presunta discriminazione delle donne.
Se sussiste una discriminazione allora questa non può che essere la situazione odierna, con un’età di pensione diversa tra uomini e donne. Appare logico, in un mondo che rivendica parità in ogni settore della vita, che questa anacronistica disparità non abbia più motivo di essere. Forse, mi sono chiesta, la ventilata discriminazione sta in qualche dettaglio della riforma AVS21 su cui siamo chiamati a votare il 25 settembre.
Invece no: le donne ormai prossime alla pensione come la sottoscritta vengono indennizzate con rendite a vita supplementari.
Anzi, soprattutto le signore con un reddito medio basso, beneficiano in prima persona di compensazioni più che proporzionali se calcolati su una speranza vita media (oltre 40’000 CHF di rendite supplementari).
Mi ha colpito anche l’affermazione per quale le donne dispongono di rendite di vecchiaia sensibilmente inferiori a quelle degli uomini. E, ahinoi, cifre alla mano, non si può che ammettere che sia vero. La grandissima parte della differenza di rendita non riguarda però l’AVS, ma il secondo pilastro, anch’esso da tempo bisognoso di riforme.
Contrariamente all’AVS, le cui prestazioni agli attuali (sempre più numerosi) pensionati vengono finanziate dagli attuali lavoratori, la cassa pensione eroga in rendite (o capitali) in base a quanto la persona ha accumulato durante la vita lavorativa. E qui ben si capisce che le donne a causa di maternità, lavoro parziale, interruzioni di carriera e pensionamento anticipato rispetto ai colleghi uomini, accumulano meno.
Ma attraverso la riforma AVS e l’allineamento dell’età di riferimento a 65 anni, esse verseranno un anno in più di contributi anche nel secondo pilastro, ciò che aumenterà la loro rendita. C’è di più: con la flessibilizzazione dell’età di pensionamento prevista da AVS 21 chi vorrà potrà anticipare o ritardare la propria pensione tra i 62 e i 70 anni.
Come imprenditrice, membro di comitato dell’Associazione imprese di famiglie e convinta sostenitrice delle pari opportunità in ambito lavorativo, vedo solo vantaggi nella revisione dell’AVS. Vantaggi a cui per altro – attraverso il lieve aumento dell’imposta sul valore aggiunto – contribuiscono tutte le generazioni e tutti i sessi.
Si tratta di un compromesso equo ma che in ultima analisi non solo non è discriminatorio, ma elimina oggi differenze ormai insostenibili, compensa ampiamente le donne della generazione di transizione e permette loro di aumentare a lungo termine la rendita vecchiaia. Voterò due volte Sì alla riforma AVS 21, a tutto vantaggio di un’AVS forte e garantita anche ai fortunati che oggi vedono la pensione solo da lontano.
Sara Rosso Cipollini