Nel contesto delle imprese familiari, in cui coesistono due diverse istituzioni (impresa e famiglia), potrebbero convivere due diverse forme di governance: quella dell’impresa e quella della famiglia. Uso il condizionale perché la presenza di strumenti e meccanismi di governance familiare è di solito riscontrata solo nei casi di maggiore complessità della famiglia imprenditoriale. Quali sono le buone pratiche in questi due ambiti?
Le buone pratiche di corporate governance
La governance dell’impresa (o corporate governance) si occupa della cooperazione fra proprietà e management attraverso il CdA, che di tale tipo di governance rappresenta l’organo centrale. La progressiva adozione di strumenti e best practice di corporate governance sempre più sofisticati rappresenta la via maestra per affrontare le complessità del family business.
Innanzitutto, è opportuno che una cosa sia ben chiara a tutti i familiari: non è il cognome, bensì l’appartenenza a un determinato livello di governance a determinare non solo ciò che i singoli devono/possono fare, ma anche ciò che meritano in cambio.
- La proprietà, in cambio di un dividendo congruo rispetto alle esigenze di crescita dell’azienda, è chiamata a definire gli obiettivi generali dell’impresa, a nominare e controllare il CdA, nonché a valutare l’opportunità di realizzare operazioni straordinarie.
- Il CdA è responsabile della strategia aziendale e deve nominare, supportare e controllare il management in cambio di una congrua remunerazione.
- Al management infine spetta la gestione quotidiana dell’impresa e la guida della forza lavoro, in cambio anche in questo caso di una congrua remunerazione che tenga conto delle responsabilità, della seniority e delle performance realizzate.
In secondo luogo, è opportuno dotarsi di un CdA al crescere della complessità, operazione che molte PMI familiari non reputano scontata: i dati più recenti dell’Osservatorio AUB (AIDAF – Unicredit – Bocconi) ci dicono che fra le aziende familiari con un fatturato compreso fra i 20 e i 50 milioni, ben un terzo dei casi ha ancora un amministratore unico. Inoltre, il CdA non deve solo esistere nella sua formalità, ma operare in maniera effettiva. Anche per andare incontro a tale necessità, è consigliato che il ruolo di presidente e quello di amministratore delegato non coincidano, in modo tale che il CdA possa in termini sostanziali svolgere un ruolo diverso da quello del management. Ciò non significa che CdA e management non debbano lavorare insieme. Anzi, al contrario, i due organi devono interloquire assiduamente. Un sano terreno di confronto è quello dello sviluppo del piano strategico: il CdA deve dare delle indicazioni di massima al management, affinché sviluppi una bozza di piano da sottoporre ai consiglieri; il CdA poi approva una versione definitiva che affida al management per la sua realizzazione.
Infine, per quanto riguarda la composizione del CdA, è buona prassi che in esso siano presenti non solo dei membri interni alla famiglia e all’impresa, ma anche dei veri e propri outsider, ossia figure che non fanno parte né della proprietà né del management. In questo modo aumenta la possibilità di disporre di conoscenze e capacità diverse nonché la probabilità che le decisioni strategiche non siano troppo influenzate da dinamiche emotive. La composizione deve inoltre essere tale da garantire una certa diversità, in termini quantomeno di età, di genere e di background formativo e professionale. La diversità è ricchezza poiché consente l’incontro fra conoscenze e prospettive eterogenee che si possono poi comporre in modo unico e distintivo.
Le buone pratiche di family governance
La governance della famiglia disciplina le relazioni fra i familiari, regolando il loro coinvolgimento nell’impresa. Rappresenta un insieme di pratiche che consentono di affrontare dei livelli di complessità superiori rispetto ai precedenti.
Lo strumento di riferimento è l’accordo di famiglia: un documento in cui la famiglia esplicita innanzitutto la propria cultura, ossia i valori di fondo che la animano. Sulla base poi dei valori familiari, nell’ambito dell’accordo si esplicitano le scelte operate dalla famiglia in merito alle diverse forme di coinvolgimento in azienda.
Innanzitutto, si riassumono i criteri da rispettare per entrare in azienda e fare carriera (ad esempio, i tipi di lauree necessarie, le lingue e le esperienze lavorative richieste, anche e soprattutto all’estero), nonché i criteri di remunerazione, tipicamente ancorati a principi meritocratici. Inoltre, l’accordo può esplicitare i requisiti per diventare azionisti, i criteri di trasferimento delle azioni, le modalità di gestione delle divergenze fra soci, le politiche di dividendo. Alcune regole possono trovare spazio anche nello statuto o in patti parasociali.
Nelle forme di accordo più evolute e complete, adottate dalle realtà più complesse, si delineano anche i meccanismi per sviluppare nuove iniziative imprenditoriali, spesso attraverso un fondo di corporate venturing, nonché si esplicitano i caratteri dell’orientamento filantropico e gli strumenti ammissibili per gestirlo – tipicamente le fondazioni.
L’organo deputato a disciplinare la family governance è il consiglio di famiglia, a cui spetta la stesura dell’accordo, la sua eventuale revisione e il controllo del suo rispetto. Riunisce i familiari, un paio di volte all’anno e in caso di emergenza, con l’obiettivo di disciplinare la relazione famiglia-impresa. Include tutti i membri della famiglia, indipendentemente dal loro status di soci, a meno che la famiglia non sia troppo numerosa e tale così da dovere identificare dei rappresentanti per ciascun ramo familiare.
Guidato da una figura anziana e saggia, e coadiuvato da un facilitatore esterno, consente anche di migliorare la qualità della comunicazione fra familiari: rappresenta un contesto ideale per favorire l’incontro fra i membri della famiglia, lasciandoli liberi di esprimere le proprie idee e conoscersi meglio, ponendo così le basi per la costruzione di armonia e coesione.
Prof. Salvatore Sciascia,
Direttore del corso “Family Business Management”
e co-direttore del Family Business Lab (FABULA) dell’Università Cattaneo – LIUC
www.aifticino.com