Sarà soprattutto nel 2023 che il prezzo dell’energia e l’approvvigionamento potrebbero diventare un problema insormontabile non solo per l’economia ma anche per i cittadini.
Più volte è stato detto che ci troviamo nel bel mezzo di una tempesta perfetta, cioè una situazione molto difficile generata da una serie di cause differenti in poco tempo. In realtà, il problema dell’approvvigionamento energetico e dell’esplosione dei prezzi dell’energia è iniziato ben prima dell’inizio della guerra fra Russia e Ucraina. I primi segnali di un aumento dei prezzi risalgono già all’inizio del 2021, cioè quando ancora eravamo nella pandemia, e non hanno fatto altro che peggiorare nei mesi successivi, quando man mano l’economia a livello internazionale ha iniziato a riprendersi. Al peggioramento hanno dunque concorso alcuni fattori, fra cui quello della messa in revisione di diverse centrali nucleari in Francia, che producono elettricità che arriva pure in Svizzera e naturalmente gli effetti negativi della mancanza di precipitazioni, che hanno inciso sulla produzione idroelettrica. La guerra è intervenuta aggravando ulteriormente la situazione, semplicemente perché soprattutto l’Europa acquista(va) importanti volumi di gas e petrolio dalla Russia.
Per ridurre questa dipendenza ci vuole tempo – almeno un paio d’anni – perché le alternative non sono immediatamente disponibili e soprattutto costano. Importare ad esempio gas liquido dagli Stati Uniti è molto costoso e il processo di rigassificazione è altrettanto complesso.
Cosa succede dal 2023
In questa fase i prezzi del gas (e dei carburanti) sono diminuiti rispetto al periodo estivo, ma è molto probabile che nei prossimi due anni essi si manterranno comunque elevati. In uno scenario a medio termine di alcuni anni dovremo abituarci a prezzi dell’energia più elevati di quelli pagati fino allo scorso anno. E ciò riguarderà sia le imprese sia i cittadini
Siamo in fondo stati abituati troppo bene, perché per diverso tempo le aziende hanno potuto contare su prezzi del gas e dell’elettricità molto bassi – 5 fino a 8 centesimi il chilowattora di elettricità – mentre oggi i prezzi di mercato oscillano attorno ai 40-50 centesimi al chilowattora.
È chiaro che tutto un certo modello economico si è sviluppato partendo da prezzi di costo dell’energia bassi e ora transitare su prezzi di mercato più elevati e contemporaneamente affrontare la transizione energetica verso fonti di energia meno inquinanti ha un costo molto elevato.
Quante e quali aziende riusciranno a superare questa fase? I timori che diverse attività non ce la faranno sono elevati, tanto più che la società occidentale – e non solo essa – sconta il problema dell’invecchiamento della popolazione. Esso stesso concorre a mettere in discussione attività economiche che se non potranno contare su un processo di sostituzione per mancanza di manodopera saranno destinate a soccombere.
Il problema approvvigionamento
Uno dei pochi effetti “costruttivi” della situazione odierna è dato dal fatto che la spinta verso le energie rinnovabili ha conosciuto una chiara impennata. Ma non dobbiamo illuderci troppo, perché queste energie ancora per diverso tempo non saranno in grado di sostituire in maniera accettabile la produzione energetica di natura fossile. Ecco perché è tornata in auge l’energia nucleare, che è di fatto un’energia pulita nei confronti dell’ambiente, anche se si porta dietro il problema delle scorie. Del resto, anche per lo smaltimento delle batterie elettriche delle automobili non esiste ancora una soluzione soddisfacente.
Per venire a capo della questione dell’approvvigionamento bisognerà dunque diversificare maggiormente le fonti energetiche, risparmiare energia e investire nelle tecnologie applicate nell’energia nucleare e nei combustibili fossili.
Aziende e cittadini sono e saranno chiamati alla cassa, sia per un aumento dei costi diretti sulle forniture di energia, sia indirettamente attraverso un aumento dei prezzi dei prodotti acquistati.
Ci sarà sicuramente un assestamento dei mercati dell’energia e un nuovo posizionamento, ma molto probabilmente come detto a prezzi più elevati di quelli a cui siamo stati abituati per lungo tempo.
Non tutto il male vien per nuocere, perché come detto questa situazione spinge a riorientare l’economia e i cittadini verso consumi energetici più attenti, ma il rovescio della medaglia sarà una pressione ulteriore sui redditi dei cittadini e sulla competitività delle nostre piccole e medie aziende, cioè l’ossatura della nostra economia.
Stefano Modenini,
Direttore AITI
www.aiti.ch