La pandemia non è ancora alle spalle, nemmeno dal punto di vista economico. Anzi. Siamo infatti confrontati a delle difficoltà che avevamo previsto sarebbero sopraggiunte nella seconda parte di quest’anno e nel 2022.
In un precedente contributo su questa rivista avevamo infatti indicato che consideravamo che una ripresa economica poteva giungere nella seconda parte del 2021 e che la stabilità poteva essere raggiunta solo nel 2022 e per taluni rami di attività successivamente. Buona parte delle aziende negli scorsi mesi ha visto incrementare gli ordinativi e dunque il fatturato potenziale.
Per certi versi in maniera superiore alle aspettative. Ma questa ripresa si sta scontrando con la grave mancanza di materie prime e materiale per produrre, nonché le gravi difficoltà a livello dei trasporti internazionali e dell’organizzazione logistica. Le cause sono oramai note.
Grave carenza di materie prime
Nel 2020 a livello mondiale sono stati messi in atto dei lockdown che hanno di fatto fermato o fortemente limitato la produzione. Conseguentemente, la domanda di componenti come i microprocessori da parte di diversi rami industriali è crollata. I produttori, quasi tutti concentrati in Asia e in particolar modo a Hong Kong, hanno dirottato la produzione verso la grande richiesta di computer, visto e considerato che sempre più persone si trovavano a dover lavorare al proprio domicilio.
Lo stesso, cioè la riduzione ad esempio delle attività estrattive, è avvenuto per le materie prime, ad esempio il cobalto. Ma oramai manca di tutto: carta, legno, acciaio e alluminio, ecc. La catena logistica e dei trasporti è stata pienamente investita dalla situazione. La più o meno forte ripresa economica che
si è avviata quest’anno ha significativamente aumentato la domanda di diverse componenti e materie prime, scontrandosi con l’insufficiente offerta.
In alcuni settori come quello automobilistico, la ripresa economica ha dovuto fare fronte anche alle conseguenze della transizione ecologica, poiché il materiale per produrre le auto elettriche e in primo luogo le batterie, scarseggia. La mancata vendita di diversi milioni di automobili nel mondo avrà
pesanti ripercussioni sull’occupazione, al di là di quanto la transizione energetica sta già causando.
I trasporti di materie prime e di container di materiale e prodotti, che avviene prevalentemente per nave, sono finiti in un collo di bottiglia perché la domanda di trasporti è chiaramente superiore all’offerta. Conseguenza: i prezzi sono schizzati verso l’alto, moltiplicandosi per cinque o per dieci.
Situazione paradossale
Sembra paradossale, ma la tanto auspicata ripresa economica è in corso, tuttavia la mancanza di materiale per produrre di fatto ritarda la produzione e dunque la possibilità di realizzare il fatturato previsto a budget. Questa situazione non è destinata a normalizzarsi a breve termine, piuttosto nel corso
del 2022 se non addirittura successivamente.
Le imprese, anche quelle ticinesi, sono messe a dura prova perché devono sperare in una certa comprensione dei clienti considerato che i prodotti saranno forniti in ritardo; rivedere i prezzi sapendo già di non poter scaricare completamente sui clienti i maggiori costi per la fornitura di materiale e materie prime; ricercare se possibile nuovi fornitori ovunque essi siano; riorganizzare l’attività produttiva considerando delle pause di produzione seguite da periodi di lavoro straordinario nel momento in cui il materiale di produzione viene fornito.
A questa situazione di instabilità bisogna oramai aggiungere il rischio, già in atto, di inflazione dovuto anche al forte rincaro dei vettori energetici, in primo luogo gas e petrolio. Più propriamente bisognerebbe parlare di stagflazione, cioè di un’economia che soffre di forte inflazione e di bassa ripresa economica. La conseguenza sarà facilmente quella di ridurre il potere d’acquisto dei cittadini e dunque minare alla base i consumi e la ripresa economica vera e propria.
Cosa (si può) fare?
I margini di manovra delle imprese, soprattutto delle piccole e medie aziende, sono limitati per non dire quasi nulli. Non si può parlare di blocco della fornitura di materiale, ma di forniture ritardate certamente sì. I budget per il 2022 dovranno essere rivisti necessariamente al ribasso e ciò aumenterà
ulteriormente la pressione sui costi.
La risposta ai problemi emersi si trova inevitabilmente all’estero. I produttori di microprocessori stanno correndo ai ripari aumentando la produzione, così come gli armatori cercano di aumentare l’offerta di trasporto via mare. Ma la domanda è talmente forte che saranno necessari diversi mesi per tornare a una normalità accettabile. A ciò bisogna aggiungere comunque il fatto che la pandemia nel mondo non è affatto superata – in molti paesi il tasso di vaccinazione è ancora insufficiente – e che i trasporti internazionali di persone restano limitati. La ripresa economica non è dunque consolidata.
Stefano Modenini, Direttore AITI