In giugno i cittadini hanno votato la riforma fiscale voluta dal Governo. Secondo lei quelle misure sono sufficienti oppure ci sono altri passi da fare per far sì che il Ticino torni a essere attrattivo sotto questo punto di vista?
La riforma era un primo passo doveroso per aggiornare una legge vecchia di cinquant’anni e non più adeguata alle sfide del presente. È stato positivo che la popolazione abbia, maggioritariamente, riconosciuto questa la necessità. Basterà? Evidentemente no, perché da noi come altrove lo scenario fiscale è mobile e concorrenziale, in Svizzera addirittura tra i cantoni stessi. Molti faticano a comprendere che c’è ovunque una vera competizione per assicurarsi contribuenti e quindi gettiti: non si tratta necessariamente di apprezzare questo fatto, ognuno è libero di pensarla come vuole, ma almeno di non negarlo. Senza contare che il Canton Ticino soffre anche, su determinati oggetti, della concorrenza fiscale della vicina penisola, una condizione impensabile in passato.
Il Preventivo del Cantone vede un deficit di quasi 100 milioni. A suo giudizio è stato fatto il possibile oppure c’era ancora margine di miglioramento? Dove avrebbe agito personalmente?
L’impressione è che il Consiglio di Stato, in questi anni, abbia progressivamente sfruttato tutto il margine a sua disposizione per intervenire e dover fare vere riforme e autentiche scelte. Spesso anche il Parlamento non ha seguito le indicazioni di contenimento della spesa proposte dall’esecutivo. Ora ci vuole un cambio di passo. Manca la volontà politica di riformare, cambiare abitudini, intervenire su dinamiche consolidate. Chi conosce la macchina pubblica, di ogni livello o dipartimento, sa bene cosa si potrebbe fare ma preferisce non correre il rischio di farlo”. I conservatori vivono più tranquilli dei riformatori, in Ticino come altrove.
Di recente è arrivata la notizia relativa al contributo straordinario della BNS che si aggira sugli 80 milioni. A suo parere dove andrebbero usati?
Mi pare ragionevole la linea del Consiglio di Stato di destinare questi fondi a coprire il deficit. 80 milioni, per giunta una tantum, non devono farci dimenticare che il Ticino, con un bilancio annuo di circa 4 miliardi di franchi, spende una cifra simile alla settimana o poco più. Si tratta di mantenere il senso delle proporzioni e non profittare della situazione per ulteriormente rinviare le scelte.
Lei è membro di due commissioni in Parlamento (Giustizia e diritti e Costituzione e leggi). Sul tavolo quali sono i temi più importanti che state trattando e che arriveranno presto nel plenum?
Sono due commissioni (oltre alla gestione) permanenti e quindi con molta carne al fuoco. Per quanto riguarda la prima siamo confrontati con il tema della riforma della giustizia in molti suoi ambiti, dovremmo affrontare anche la riforma della legge sulla polizia. Nella seconda ci stiamo interrogando sul futuro di Ticino 2020, cercando di evadere i messaggi sulla “nuova” legge pompieri, la nuova legge edilizia, la nuova legge sulla videosorveglianza e la protezione dei dati. Insomma, il lavoro non ci manca anche perché abbiamo pure da evadere diversi atti che sono pendenti da tempo.
Lei è rappresentante del PLR. Se le chiedessi di dirmi dove potrebbe puntare maggiormente il partito per profilarsi?
Il nostro partito è chiamato a contrastare la tendenza, sempre più marcata, a rifiutare la responsabilità, rinviare le riforme e polemizzare invece di discutere. Troppe persone, e non penso ai più deboli, preferiscono prima chiedere e poi eventualmente fare. Troppi preferiscono rinviare i cambiamenti invece di innovare. Troppi confondono le loro opinioni, legittime per carità, con i fatti: il risultato è che si approfondisce sempre meno e si parla sempre più, molte volte persino senza ascolto o rispetto reciproco.
La nostra è una rivista che si rivolge alle PMI. A suo giudizio quali sarebbero le misure più urgenti che si dovrebbero attuare per favorire le PMI ticinesi?
L’economia reale non chiede la luna alla politica. Come sa chiunque lavori nel mondo reale, il carico burocratico è cresciuto in maniera smisurata negli ultimi anni, in tutti i settori. Pensiamo ad esempio all’ambito della costruzione, dove i tempi amministrativi e giudiziari sono spesso un ostacolo all’investimento. Le PMI, e non solo, hanno bisogno di una pubblica amministrazione efficiente, di una giustizia celere e credibile, di una scuola rigorosa, di un fisco non punitivo. Sono alcune delle famose condizioni quadro che rendono più o meno facile fare impresa.
Avv. Simona Genini,
LL.M. International Tax Law, TEP
www.simonagenini.ch