La 62ma assemblea generale di AITI che ha avuto luogo lo scorso 11 aprile a Locarno è stata l’occasione per ribadire, soprattutto all’indirizzo delle istituzioni cantonali e della politica, alcuni punti fermi che preoccupano gli imprenditori del nostro Cantone.
La prima preoccupazione deriva dalla crescente difficoltà delle forze politiche di trovare delle intese sufficienti per, da un lato, procedere al necessario risanamento dei conti pubblici e, dall’altro, avviare le riforme necessarie e gli investimenti opportuni che sostengano le politiche di sviluppo economico alle quali oramai non possiamo più sfuggire.
Purtroppo il “gioco” è stato reso difficile dal fatto che il Governo ha presentato il preventivo 2024 del Cantone in un momento poco favorevole, mentre i partiti politici non sono stati in grado, o non hanno voluto, procedere alle necessarie scelte di risanamento della spesa pubblica. Ora, rinviare il risanamento non è mai una scelta vincente e l’aver gonfiato il disavanzo previsto è un antipasto poco gradito di quello che ci attende come cittadini contribuenti e come imprese rispetto al preventivo del 2025.
Il problema dei costi crescenti
Alla base il problema potrebbe essere definito persino di facile individuazione. A fronte della tenuta sostanziale dei gettiti d’imposta, nonostante tutto quello che sta succedendo nel mondo, visto che siamo prima di tutto un’economia d’esportazione, emerge nella sua interezza il problema principale, anzi essenziale, del cantone Ticino: i costi crescenti. Pensiamo solo ai premi di cassa malati per i cittadini, ma anche al costo dell’energia o delle materie prime e della burocrazia per le aziende.
In parte la crescita dei costi è indotta da situazioni oggettive, come ad esempio l’invecchiamento della popolazione. In parte, invece, è causata dal crescente peso dello Stato, che per taluni è oramai diventato il rifugio più o meno comodo al quale chiedere soldi e protezione, dimenticandosi che il progresso economico e sociale deriva, prima di tutto, dalla nostra azione in quanto cittadini ma anche imprenditori.
La fotografia attuale e in parte futura del cantone Ticino ci restituisce l’immagine di una regione che sarà sempre più confrontata a spese crescenti, mentre i ricavi sono dunque stagnanti. Dei 4 miliardi di spesa pubblica, 2 miliardi finiscono in spese sanitarie e sociali e 1 miliardo nella scuola e nella formazione. Il miliardo restante serve a tutto il resto.
Come aumentare le entrate
Per aumentare le entrate esistono sostanzialmente due strade: l’aumento delle imposte (e delle tasse) oppure la crescita economica.
La prima strada non è praticabile, primo perché cittadini e imprese (giustamente) si opporrebbero. Il ceto medio e i redditi più alti pagano già abbastanza imposte in Ticino e se a ciò aggiungiamo gli altri oneri importanti come il costo dell’assicurazione malattia e i premi di cassa pensione, possiamo tranquillamente dire che l’imposizione fiscale e non fiscale in Svizzera si avvicina a quella di alcuni paesi del nord Europa. Sì certo, stipendi più alti ma anche costi nettamente più alti.
La seconda strada è evidentemente quella da noi preferita ed è secondo noi l’unica strada veramente praticabile.
Valutare i cambiamenti economici e sociali a medio e lungo termine e mettere in atto politiche di sviluppo economico e sociale adatte a fare fronte alle evoluzioni che stiamo osservando, non ha alternative. Questa strada presuppone alla base una visione politica del futuro, degli obiettivi misurabili e una strategia per raggiungerli. In altre parole, bisogna avere il coraggio di fare delle scelte politiche, anche a costo di scontentare l’elettorato e perdere consensi a livello politico.
Per quanto concerne il risanamento dei conti pubblici il Consiglio federale ha mostrato la via. Di fronte a crescenti disavanzi finanziari della Confederazione, ha nominato un gruppo di esperti esterni che entro la fine dell’estate dovrà proporre delle misure per correggere il bilancio dello Stato. Non abbiamo grossi dubbi sul fatto che Consiglio federale e Camere federali correggeranno la rotta delle spese, anche se ciò costerà parte del consenso popolare. Purtroppo abbiamo più di un dubbio sul fatto che la classe politica in Ticino troverà il coraggio di fare la stessa cosa.
Necessarie politiche di sviluppo economico
Da dove partire se ci concentriamo sullo sviluppo economico? Prima di tutto decidiamo come affrontare alcune questioni strutturali: invecchiamento della popolazione, crescente mancanza di personale specializzato ma anche meno qualificato, formazione professionale e accademica future a fronte dei cambiamenti tecnologici in atto. Gli investimenti in formazione e innovazione, ci sembra evidente, dovranno avere una corsia prioritaria nei prossimi anni.
Gli imprenditori non si sottraggono alla discussione sul reperimento delle risorse necessarie per fare fronte soprattutto agli investimenti, ma non sono disposti a firmare alcuna cambiale in bianco. In altre parole, senza visione, obiettivi e strategia per raggiungerli da parte delle istituzioni e dei partiti politici, gli imprenditori non sono disposti a ulteriori sacrifici, visto che già da tempo stanno vivendo una situazione economica molto complessa e poco destinata a migliorare.
Siamo consapevoli che la contrapposizione non porta da nessuna parte e che in questo momento a livello politico c’è difficolta ad instaurare un dialogo costruttivo, anche perché soprattutto gli estremi politici poco si parlano. Finché rimarremo in questa situazione la paralisi politica la farà da padrone e il risultato piuttosto probabile sarà quello di far crescere la spesa pubblica e i disavanzi finanziari.
La mancanza di coraggio politico produce però un risultato molto velenoso: scarica sulle spalle delle attuali generazioni e soprattutto di quelle future, i nostri figli, i nipoti e i loro futuri figli, un fardello finanziario colossale. Così facendo stiamo di fatto uccidendo il sogno economico e sociale delle nuove generazioni. La mancanza di coraggio nel fare le giuste scelte politiche oggi ha un prezzo altissimo che consapevolmente si decide di addossare a chi viene dopo. Non era questo l’agire dei nostri nonni e dei nostri padri, ma ce lo stiamo dimenticando.
Stefano Modenini,
Direttore AITI
www.aiti.ch