Presidente Bertoli, mi fa un bilancio di questo anno a capo del Governo?
È stato un anno assai impegnativo, perché caratterizzato, come in tutta Europa, da un importante impegno teso a superare la pandemia da Covid. Il Canton Ticino ha conosciuto su questo fronte periodi particolarmente complicati, anche perché ha vissuto prima di altri Cantoni l’espandersi di varianti pandemiche a quel momento sconosciute e dunque portatrici di inquietudine e dubbi. Ciò nonostante l’intera comunità ha saputo reagire bene, seppur con comprensibili tensioni che comunque non hanno mai raggiunto livelli riscontrati altrove. Un anno impegnativo anche perché forse mai come in questo tempo il rapporto fra istituzioni e cittadini ha vissuto criticità fino a quel momento poco manifeste alle nostre latitudini.
Quali sono state le questioni più importanti che il CdS e lei in primis avete dovuto affrontare?
Il tema centrale, a prescindere dagli specifici progetti maturati nell’anno trascorso, è direttamente legato a quanto detto poc’anzi, vale a dire la tenuta del tessuto democratico e la gestione delle relazioni istituzionali in un momento perlomeno atipico. Di fronte ai lutti, alla malattia, al dolore e in generale ai giustificati timori della popolazione, ma anche alle incomprensioni, ai dubbi e alle incertezze di alcuni cittadini, il Consiglio di Stato con l’intera amministrazione cantonale e il Gran Consiglio si sono spesi per garantire la tutela dei diritti e dei bisogni. Credo che ci siamo riusciti.
Come responsabile del DECS ha dovuto far fronte al ritorno a scuola a settembre (in tempo di pandemia) e il rientro dopo le vacanze natalizie. Guardando indietro rifarebbe tutto e allo stesso modo?
Sì, rifarei tutto quanto è stato fatto, perché ogni scelta, per quanto difficile data la situazione, è stata discussa e ponderata con gli strumenti a disposizione in quei momenti. E penso di poter dire che alla fine i fatti ci hanno dato ragione. La scuola in presenza, nostro principale obiettivo, è stata sempre garantita per la stragrande maggioranza degli allievi. Sappiamo che le misure introdotte, come l’uso della mascherina alla scuola dell’obbligo, hanno comportato un certo adattamento e alcune difficoltà, ma erano provvedimenti necessari a garantire a tutti frequenza in classe e confronto con i propri coetanei, elemento quest’ultimo non meno importante della continuazione della formazione.
La formazione professionale ha risentito di questa situazione che ormai va avanti da due anni? Che strumenti avete adottato nel settore per arginare eventuali problemi?
Complessivamente il sistema ha tenuto, ma certo non sono mancate le difficoltà in alcuni settori più esposti alle conseguenze della pandemia sulla scuola e sulle imprese. In ogni caso, il bilancio del collocamento degli apprendisti a fine 2021 ha registrato un importante e significativo passo avanti, che ci lascia ben sperare per il futuro. Nel frattempo Governo e Parlamento hanno approvato due progetti (Più duale e Più duale plus) tesi a potenziare la formazione professionale, che a sud delle Alpi non conosce ancora, per non pochi motivi anche culturali, i numeri registrati oltre Gottardo.
Nelle scorse settimane ha affermato che, malgrado gli statuti del PS e quanto aveva detto a inizio legislatura, sta valutando un eventuale nuovo mandato in Governo. Lo conferma? Quali sono le ragioni alla base di una scelta in un senso o nell’altro?
In verità ho recentemente affermato che in politica mai nulla è scontato e che certe prese di posizione sul superamento dei corsi A e B alla scuola media mi invogliano a continuare una battaglia che ritengo fondamentale per il bene degli allievi ticinesi. Dopodiché sin dall’inizio di questa legislatura ho sempre detto che dodici anni in Consiglio di Stato rappresentano un buon traguardo.
Stando in Governo ha una visione d’insieme anche dell’economia ticinese. Anche se non è il suo settore mi può dare un giudizio sul momento che stiamo attraversando? Guardando avanti crede che ci siano le basi di un rilancio?
L’economia ticinese sta vivendo da alcuni anni una fase di transizione che certo la pandemia non ha aiutato a superare. Da noi operano realtà imprenditoriali di indubbia qualità e altre, come altrove, più orientate allo sfruttamento delle particolari condizioni quadro determinate dalla vicinanza alla frontiera. Le contraddizioni presenti in una realtà di confine come la nostra hanno sempre convissuto con la volontà e l’ingegno, ma essendo tali a volte producono esiti non propriamente positivi per la maggioranza dei cittadini residenti, soprattutto se la politica fatica ad intervenire. Stiamo vivendo un periodo con luci e ombre; le basi del rilancio ci sono senz’altro, perché offriamo alle imprese condizioni quadro competitive e all’altezza, resta da capire se vi sarà anche la volontà imprenditoriale di investire per una crescita lungimirante e compatibile con tutte le esigenze di questo Cantone.
Quali sono, a suo giudizio, i progetti prioritari e concreti da realizzare, prima delle prossime elezioni cantonali?
Il tempo che resta non è molto e solitamente l’ultimo anno della legislatura è politicamente poco spendibile. Ciò detto, la priorità oggi è garantire la ripartenza del Cantone dopo due anni davvero difficili, senza richiudersi nella piccola contabilità della finanza pubblica e osando investire sui progetti chiave.