L’anno che si è iniziato da alcune settimane porta con sé inevitabilmente anche diverse sfide e prospettive che segneranno la nostra economia e la nostra società nei prossimi anni. Vediamone alcune, in ordine alfabetico.
Competitività del territorio
Inutile crogiolarsi su determinate classifiche che dimostrerebbero la capacità competitiva del cantone Ticino. In realtà c’è molto da fare, anche se diverse azioni sono già state messe in campo. Le nuove regole fiscali internazionali aiuteranno il Ticino a inserirsi quantomeno nella fascia media della competitività a livello fiscale, ma resta il fatto che il nostro Cantone per la maggior parte resta dipendente fiscalmente da una chiara minoranza di contribuenti che oltretutto sono tartassati rispetto a quanto avviene in molti altri Cantoni.
Non possiamo fare astrazione dal contesto del nostro territorio, laddove oltre il 90 per cento delle 40’000 aziende e società esistenti è fatto da imprese fino a dieci dipendenti. Ciò nonostante, il Ticino è uno dei primi dieci Cantoni esportatori della Svizzera. Segno inequivocabile del fatto che la nostra economia è innovativa checché ne dicano gli improvvisati commentatori. Cosa fare allora? Prima di tutto sviluppo economico attraverso scelte politiche: spingere l’innovazione e la digitalizzazione in tutte i generi d’impresa, intervenire sui problemi della mobilità, sviluppare politiche appropriate di conciliabilità lavoro-famiglia, uno Stato e soprattutto un’amministrazione pubblica accogliente e amica di chi fa impresa.
Demografia
Il calo demografico non è un tema nuovo, ma la classe politica non sembra avere preso coscienza fino ad oggi dei rischi economici e sociali incombenti per il paese. Con il progressivo pensionamento della generazione del cosiddetto “baby boom”, nei prossimi quindici anni circa in Svizzera verranno a mancare mezzo milione di lavoratrici e lavoratori.
In Ticino, uno dei Cantoni che già oggi ha una delle quote maggiori di popolazione anziana, l’emorragia sarà di alcune decine di migliaia di persone. Molto probabilmente non sarà possibile sostituire tutti i partenti dai posti di lavoro e pertanto economia e politica devono proporre già sin d’ora delle contromisure: aumentare la quota delle donne che lavorano, spingere i processi di automazione, valutare una maggiore quota d’immigrazione dall’estero e naturalmente favorire politiche economico-sociali che permettano un’inversione di tendenza sul lato della natalità. Senza soluzioni plausibili inserite in una strategia ad ampio raggio, rischiamo infine che attività economiche lascino il territorio per mancanza di persone e competenze.
Energia
Sarà uno dei temi principali dell’agenda politica e dell’evoluzione economica. Il popolo svizzero ha votato la strategia energetica 2050 ma l’uscita dall’energia nucleare appare affrettata perché l’approvvigionamento energetico del paese non è affatto garantito. Sul tavolo ci sono sia il prolungamento dell’attività delle centrali nucleari esistenti, sia la necessità di mantenere aperta la porta verso l’energia nucleare di futura generazione, che tuttavia non è ancora matura.
La transizione energetica verso un ampio utilizzo delle energie rinnovabili si scontra con la capacità di produrre energia elettrica in quantità sufficiente. Le case automobilistiche stanno frenando il passaggio completo all’auto elettrica perché non esiste la capacità di rete di supportare le ricariche oltre un certo numero di automobili solo elettriche. Inoltre, non si vuole chiudere la porta all’evoluzione tecnica dei nuovi combustibili fossili, nettamente meno inquinanti di quelli della generazione precedente.
Per l’economia la garanzia dell’approvvigionamento in elettricità è una questione vitale. Già oggi rischiamo dei black out di energia, proprio perché il fatto di essere parte di una rete continentale fa si che un problema tecnico in una centrale nucleare in Francia possa avere ripercussioni anche alle nostre latitudini.
Formazione
La scuola serve soprattutto a educare e formare cittadine e cittadini che partecipino attivamente alla vita sociale ed economica del paese, ma ciò non toglie che la scuola debba tenere pienamente conto delle esigenze del mondo economico, tanto più che la Svizzera si basa per parte importante sul sistema duale della formazione scuola-lavoro. È necessario rivedere almeno in parte i contenuti della scuola obbligatoria – ad esempio, lo studio della lingua tedesca andrebbe anticipato – e aumentare l’offerta di scuole con indirizzo tecnico. Nella scolarità post-obbligatoria bisogna approfondire la possibilità di aumentare il numero delle professioni offerte attraverso l’apprendistato e accrescere la formazione di livello terziario nelle professioni, molto più diffusa a nord delle Alpi.
L’apprendistato non deve più essere una scelta di serie B, tanto più che attraverso le passerelle esistenti il giovane che vuole perfezionarsi ulteriormente ha la possibilità di farlo fino ad arrivare all’università o al politecnico se vuole.