Negli ultimi anni con la pandemia e la guerra la globalizzazione conosce una frenata. Che cosa ne pensa del fenomeno? Che analisi fa di questa situazione e quali le previsioni per i prossimi anni?
Questi fatti stanno influenzando la vita di ognuno di noi in tutti i settori. Gli eventi citati erano imprevedibili e nessuno poteva immaginare scenari simili. Forse il secondo lo avrebbe potuto prevedere qualche autorevole analista. Sicuramente il primo no! Nessuno conosce i motivi di queste tragedie, sono convinto che la storia un giorno potrà spiegare le cause.
Fatte le premesse, prevedere un certo tipo di futuro è difficile. Sicuramente ciò che sta succedendo ci insegna che bisogna guardare con maggior attenzione a casa nostra e accorciare le filiere di produzione e commerciali. Nel mondo ci sono ancora troppe zone di instabilità che potrebbero essere negativamente rafforzate da quanto sta succedendo: ricordiamoci che dalla pandemia non si è ancora usciti e che l’escalation della guerra, alla data di questa intervista, è ancora imprevedibile. T
utti auspichiamo una soluzione pacifica nel più breve tempo possibile. Penso che, necessariamente, si dovrà andare verso una parziale deglobalizzazione, per difendere l’economia locale e le aziende. Quindi, bisognerà valutare cosa modificare e ciò che al momento non è possibile cambiare.
Dal suo particolare punto di vista le aziende come dovrebbero cambiare? Su quali aspetti dovrebbero puntare?
Le PMI – in special modo – dovrebbero rivedere molte cose sotto questi scossoni. È tempo che l’imprenditore implementi o migliori le proprie strutture e il sistema di controllo del business. Quest’ultimo deve essere in grado di rilevare quasi in “real-time” gli scostamenti dal pianificato.
È necessario ripensare, ridisegnare e pianificare interi settori delle aziende, analizzando, innanzitutto, quali siano i fattori di debolezza e di forza delle proprie organizzazioni. Non è più accettabile aspettare mesi per avere risposte e rendersi conto dell’andamento degli affari: è necessario avere contezza degli andamenti aziendali in pochi giorni se non in ore; apportare i necessari aggiustamenti in breve tempo.
Lei si occupa anche di Business Plan, la base per la strategia di un’azienda. Come è cambiato questo strumento nel tempo? Oggi un buon Business Plan che cosa dovrebbe avere?
I miei studi sulla pianificazione sono iniziati sin dal 1999, dopo almeno 10 anni trascorsi in aziende e in studi internazionali. Ho maturato esperienza con questo importante strumento sia nella vita professionale, sia nel campo accademico con diversi incarichi di insegnamento in Università Italiane. Ora insegno la stessa materia in SUPSI, all’ottimo Master of Advance Studies in “Business Law”.
Il Business Plan è uno strumento fortemente dinamico. Deve essere costruito a modello dell’azienda interessata: come un sarto che crea un vestito su misura. Ogni realtà è diversa e ciascuna ha bisogno del suo Business Plan: non sono solo numeri scritti per accontentare qualcuno! Questo strumento, se ben redatto, spiega a tutti coloro che sono interessati le future azioni dell’azienda e dell’imprenditore.
Un documento che, personalmente, tendo a legare anche con l’attività di controllo del business per verificarne l’andamento e, tempestivamente, correggerne gli scostamenti o pianificare nuove ipotesi. Uno strumento che raccoglie le informazioni ed evidenzia quelle meno certe, possibili o probabili e le proietta in diversi scenari. Questo deve fare il Business Plan!
Deve spiegare a qualsiasi realtà interessata alla nostra azienda cosa vogliamo fare, il perché e il come, ad esempio quando cerchiamo un finanziamento oppure un investimento oppure un partner commerciale o strategico o per il cambio generazionale. Deve inoltre aiutarci a capire come possiamo velocemente intervenire in periodi di crisi come quello attuale. Aiutarci ad avere le idee più chiare per poter meglio scegliere.
Dalla recente presentazione del nuovo portale ticinodigitalbusiness.com quali sono gli aspetti che l’hanno colpita maggiormente?
Di “ticinodigitalbusiness.com” mi hanno colpito diversi interessanti aspetti. Innanzitutto la definizione data, non a caso, di “piazza digitale”. Una piazza dove chiunque può portare a conoscenza di altri operatori economici la propria azienda, le proprie novità o qualsiasi altra informativa o notizia abbia interesse a divulgare. Sarà compito del comitato di redazione valutare gli argomenti da pubblicare.
Lo definirei un crocevia di “valori” e di “azioni” raccolte in informazioni che hanno la finalità di produrre benessere e ricchezza per il territorio. Poi la suddivisione interna in sezioni che abbracciano diverse aree. Non da ultimo la semplicità e la chiarezza delle pubblicazioni contenute e la facilità di consultazione.
Quando nacque questa idea, poi diventata progetto, si pensò per prima cosa ai benefici e all’utilità che potesse dare alle aziende del territorio. Come ho detto alla presentazione, l’approccio è stato di un “Business Plan al contrario”, cioè un progetto creato per dare valore, prima di tutto, ai suoi utilizzatori.
Secondo lei la digitalizzazione è uno degli aspetti sui quali le aziende dovrebbero puntare? In che modo?
Sicuramente! È importante sapere quali investimenti fare per accrescere efficienza e competitività e ridurre costi anche inutili. Per questo serve fare, come per tutti gli investimenti, delle ottime pianificazioni o degli ottimi Business Plan!
Lei insegna anche alla SUPSI ed è a contatto con le nuove generazioni. come vede gli imprenditori del futuro? Quali consigli si sente di dar loro?
Quando insegnavo “Business Plan” all’Università di Milano Bicocca avevo studenti in età di formazione e suggerivo loro di non perdere mai la sana curiosità di imparare e studiare, di osservare i numeri con occhio critico e di chiedersi sempre il “perché” delle scelte economico-aziendali. Soprattutto suggerivo loro, una volta entrati nel mondo del lavoro, di vivere e capire l’azienda e l’imprenditore, indipendentemente dall’essere interni all’impresa o professionisti esterni.
Nei miei corsi, considerata anche la formazione che ho, cercavo di unire aspetti di vita aziendale reale con la didattica. Suggerivo di sviluppare l’analisi dei fatti di economia aziendali. Ora in SUPSI, insegnando “Business Plan” al “Mas di Business Law”, la platea è diversa. Sono tutte persone con anni di esperienza alle spalle. In questo contesto cerco di approfondire alcuni punti legati a questo strumento che, spesso e volentieri, si affrontano sul lavoro magari inconsciamente, ad esempio come si forma il valore e l’incertezza nelle scelte aziendali. In questa sede si affrontano anche discussioni su casi portati dagli studenti.
La base è sempre la stessa: le buone idee imprenditoriali devono essere sempre discusse, valutate e fatte crescere.
Franco Confalonieri,
Dottore Commercialista
Docente Business Plan
al Master of Advance Studies SUPSI