Tentare di prevedere il futuro è come cercare di guidare in una strada di campagna di notte, senza luci, e con lo sguardo fisso allo specchietto retrovisore. L’analogia suggerita decenni fa da Peter Drucker assume oggi una rilevanza particolare in un mondo in cui – date le trasformazioni radicali, esponenziali e interconnesse che lo caratterizzano – il futuro non può più essere visto come un’estrapolazione lineare del presente e del passato.
In questo contesto, soddisfare il bisogno istintivo di certezza cercando di prevedere il futuro al di là di un orizzonte di brevissimo termine rischia di portare a brutte sorprese.
Primo perché la certezza ci imprigiona in una gabbia mentale privandoci dell’agilità mentale indispensabile per adattarsi ai cambiamenti che verranno. Secondo, perché il futuro non segue una traiettoria unica, ma riflette un orizzonte di possibilità, per cui, invece di futuro, è più corretto parlare di futuri.
E, infine, perché i grandi progressi sono sempre emersi dal magma di opportunità che solo l’incertezza sa produrre.
La capacità di abbracciare l’incertezza, traducendola in possibilità, sarà dunque sempre più ciò che distinguerà le aziende di successo da quelle destinate all’irrilevanza. Anche perché, in fin dei conti, sempre per citare Peter Drucker, il modo migliore per prevedere il futuro è crearlo.
Come fare, dunque, per combinare le necessità del corto termine col bisogno di articolare strategie e visioni per il lungo periodo? Come fare per individuare fra le pieghe del presente i rischi e le opportunità del futuro? La risposta la si può trovare nello Strategic Foresight, una metodologia basata su tecniche che consentono di anticipare il cambiamento attraverso lo sviluppo di strategie più consapevoli nel presente.
Nata alla fine della Seconda Guerra mondiale nei laboratori strategici del Pentagono, dove contribuì a plasmare la strategia degli Stati Uniti nella Guerra Fredda, la disciplina estese il proprio raggio d’azione al mondo aziendale in seguito alla crisi energetica degli anni ’70, quando il gruppo Shell si rivelò molto più resiliente dei concorrenti di fronte allo choc petrolifero grazie alla pratica sistematica di scenario planning (uno degli strumenti dello Strategic Foresight) introdotta pochi anni prima.
In un momento di radicale incertezza come quello che stiamo vivendo, il vantaggio competitivo dato dalla capacità di pensare il futuro in modo strategico è evidente. Una recente ricerca ha mostrato, per esempio, come le aziende che hanno praticato per anni in modo regolare lo Strategic Foresight – identificando così, prima di altri, rischi ed opportunità – abbiano realizzato profitti maggiori e capitalizzazioni di borsa significativamente più elevate delle aziende che non l’hanno fatto.
Lo Strategic Foresight non si pone dunque come obbiettivo quello di prevedere il futuro, bensì di semplificare la complessità facendo chiarezza sul contesto che ci circonda e immaginando possibili sviluppi futuri e le loro implicazioni per le strategie aziendali.
Utilizzando strumenti quali la scansione ambientale (horizon scanning), si analizzano le grandi trasformazioni e le tendenze in corso per definire anzitutto una panoramica di ciò che sta accadendo nel contesto più ampio che circonda e influenza il microcosmo dell’azienda. Questa analisi viene svolta attraverso un approccio olistico e sistemico, per cui, invece di concentrarsi solo su una variabile particolare, si cercano le interconnessioni fra le diverse variabili, perché è in quelle interconnessioni che stanno prendendo forma i rischi e le opportunità del futuro. Non solo. Il valore dell’esercizio sta nel fatto che non ci si concentra solo su ciò che si vede, ma anche, e soprattutto, su ciò che non si vede, perché il futuro si nasconde spesso in ciò che non sappiamo di non sapere.
In seguito, con le informazioni e le intuizioni sviluppate in questa fase, si ipotizza, attraverso lo sviluppo di scenari alternativi, quali potrebbero essere le diverse traiettorie che potrebbe prendere il futuro. Grazie a questi scenari è quindi possibile aprire una riflessione sulla capacità dell’azienda di adattarsi in modo adeguato ai rapidi cambiamenti in corso, verificando il grado di preparazione strategica nei diversi scenari di riferimento. In molti casi, questo esercizio porta a una riformulazione delle strategie aziendali; in altri, le strategie vengono confermate, ma forti di una maggiore consapevolezza del contesto esterno e delle evoluzioni che potrebbe avere sul business; e in altri ancora l’esercizio permette di identificare opportunità fino a quel momento inesplorate.
Per poter navigare in un mondo in rapido e costante mutamento dobbiamo aggiornare le nostre mappe mentali. Se cambiamo le lenti con cui guardiamo la realtà, se leggiamo il contesto che ci circonda liberi dai pregiudizi e dalle risposte più facili, se adottiamo costantemente uno spirito da esploratore, presupposti questi dello Strategic Foresight, possiamo allora trovare quei segnali che ci permettono di anticipare i cambiamenti e di agire, nel presente, per arrivare preparati all’appuntamento col futuro.
Essere in grado di anticipare i cambiamenti, identificando rischi ed opportunità, risulta una qualità sempre più importante nella classe dirigente di oggi, confrontata con un contesto in continua evoluzione. Per questo lo Strategic Foresight è stato al centro dell’ultimo evento del Board Forum della Svizzera Italiana (BFSI), associazione nata con lo scopo di promuovere l’esercizio professionale della funzione di amministratore.
Diego Gilardoni,
consulente in Strategic Foresight certificato dall’Institute for the Future di Palo Alto, dal Copenhagen Institute of Future Studies e dall’Oxford Scenario Program della Saïd Business School.
www.bfsi.ch