La carenza di personale qualificato si è trasformata da una supposizione a una costatazione vera e propria visto che trovare il professionista giusto da inserire nel proprio organico sta diventando un’impresa non da poco e il futuro non si prospetta dei migliori. Una soluzione a questa ennesima crisi
è la formazione “in casa”, un investimento per garantirsi il personale che però non trova l’approvazione di tutte le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, con meno di 50 collaboratori.
Immettere più personale qualificato nel mercato del lavoro è sicuramente la soluzione alla carenza ma non così di facile attuazione. Innanzitutto, il personale deve essere formato e qui iniziano le prime difficoltà. La Svizzera può fare affidamento su di un modello di formazione consolidato e di successo – l’apprendistato – che grazie al suo orientamento al mercato del lavoro crea dei professionisti pronti ad operare nei vari settori ma questo percorso ha bisogno il coinvolgimento delle aziende e questo, purtroppo, sta venendo a meno.
Se da una parte le aziende hanno necessità di personale qualificato dall’altra sono sempre più restie a mettersi a disposizione per formare i futuri professionisti. Dall’ultimo rapporto “Le Pouls des places d’apprentissage” del mese di marzo 2023 redatto dall’ETH di Zurigo emerge una tendenza preoccupante da parte delle piccole aziende che va verso la riduzione dell’offerta dei posti di apprendistato. Se per alcune aziende l’assunzione dell’apprendista non è annuale, d’altra parte aumentano le difficoltà nel reclutare apprendisti che corrispondono ai requisiti richiesti dalla professione e dell’azienda stessa. “Trovare e poi formare un giovane apprendista richiede un investimento di risorse che attualmente le aziende, soprattutto quelle piccole, fanno fatica a reperire” afferma Sara Rossini- direttrice di fill-up “inoltre il timore di dover fare i conti con problematiche legate al comportamento e all’impegno le demotiva ulteriormente”.
Effettivamente nel rapporto emerge che rispetto agli anni precedenti i candidati dimostrano maggior competenza nella tecnologia e nella comunicazione invece resilienza e competenze sociali e personali sono in calo. “Molte aziende pensano che avere belle note alle scuole medie equivalga a una garanzia per un percorso formativo privo di problematiche, ma questo non è per nulla vero” evidenzia Sara Rossini. Questi sono mesi frenetici per chi è alla ricerca di un posto di apprendistato, la fine dell’anno scolastico si avvicina ed è il momento di pensare al proprio futuro. Il rapporto mostra anche come l’attrattività dell’apprendistato è in diminuzione a beneficio delle scuole di cultura generale, situazione che dovrebbe facilitare i giovani nella ricerca di un posto di apprendistato, ma non sempre è così.
“Lo stop imposto dalla pandemia ha cambiato molto le dinamiche dei giovani che preferiscono o meglio ritengono più semplice optare per una scuola a tempo pieno rispetto a un apprendistato; quest’ultimo impone un processo di selezione impegnativo dove bisogna affrontare diversi ostacoli e soprattutto mettere il proprio destino nelle mani di qualcun d’altro” aggiunge Sara Rossini.
La paura del fallimento, di non essere all’altezza frena i giovani che preferiscono, per chi può, la via più semplice. Il modello dell’apprendistato, tanto ammirato internazionalmente, sta perdendo di valore e i genitori, primi influenzatori nella scelta dei giovani, spingono verso gli studi superiori. “In Ticino siamo abbastanza abituati a questa tendenza che ora sta prendendo piede anche oltre Gottardo. Dall’analisi risulta una mancanza di informazione da parte dei genitori, ma a mio avviso il problema sta principalmente nella promozione delle professioni da parte delle Associazioni professionali.
In questi anni si è investito poco nell’immagine e la maggior parte dei genitori ha una percezione sbagliata sia dell’apprendistato che dei mestieri” evidenzia Sara Rossini. “Questo porta poi, per chi opta per l’apprendistato, a focalizzarsi solo su determinate professioni ritenute più prestigiose, creando un disequilibrio tra domanda e offerta e aumentando la concorrenzialità tra i giovani i candidati”. Trovare un equilibrio che soddisfi tutti non è scontato ma è necessario se si vuole dare un futuro ai giovani e un aiuto all’economia.
“Le aziende non devono chiudere le porte ai giovani che hanno una qualche difficoltà, perché se è vero che potrebbero fare più fatica scolasticamente non dimentichiamoci che possono contare su un impulso da non sottovalutare: la voglia di riscatto.” Di esempi ne abbiamo molti, giovani che hanno avuto dei periodi complicati e che grazie a un’opportunità sono sbocciati diventando dei professionisti a tutti gli effetti.
“Il servizio di coaching di fill-up va verso questo obiettivo, aiutare il giovane a ritrovare la fiducia in sé stesso e poi guidarlo verso i suoi obiettivi, sostenendolo e stimolandolo così che riesca a far emergere tutto il suo potenziale. Un lavoro in team che rassicura il giovane ma soprattutto l’azienda formatrice e la motiva a ritornare a formare giovani.”. conclude Sara Rossini.
Le aziende devono fare la loro parte offrendo a tutti i giovani le medesime opportunità mentre i genitori devono uscire da retaggi culturali che rischiano di limitare la scelta ma ancor di più di perdere l’opportunità di scoprire delle professioni che potrebbe offrire ai propri figli un futuro professionale di successo.
Sara Rossini – Direttrice Fill-up
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