Al cliente viene proposto un prodotto oppure un servizio aggiuntivo rispetto a quanto da lui richiesto. Chi di voi non ha mai acquistato di più di quanto previsto, alzi la mano! Per esempio: parto con l’intenzione di rinnovare il mio guardaroba con un nuovo abito, ma la brava venditrice mi presenta anche una bella camicia e una cravatta che si abbinano perfettamente; cosa faccio, le lascio lì? Anche no. Noleggio un’automobile e l’addetto mi propone per pochi spiccioli in più una classe superiore ed un’assicurazione casco totale, io concordo.
No, non vi è mai successo? Voglio affittare una camera d’albergo e la receptionist vi suggerisce di prenotare quella con vista mare, dite di no? Qual è la differenza tra i due selling? Nel caso di una vendita di una quantità superiore si parla di upselling. L’esempio tipico è il macellaio. Si chiede mezzo chilo d’arrosto, alla fine sono sei etti. “Non fa niente se è un po’ di più?” Quando invece all’acquisto pianificato si aggiunge un altro prodotto non previsto, si parla di cross-selling, una vendita incrociata. Acquisto una motocicletta, ma mi convincono a cambiare anche la tuta, il casco e i guanti.
Sembra tutto molto semplice. Basta essere un buon venditore e la cosa è fatta. Se trasformi la croce (cross) in un “più” (+), riesci a migliorare la cifra d’affari, se invece sei particolarmente bravo e la incrementi in un “per” (x) moltiplichi il successo della vendita. Logico. Ma purtroppo nella pratica non è sempre così. Se nel settore della vendita questa tecnica viene utilizzata di più e più spontaneamente, nel settore dei servizi esiste ancora un grande margine di miglioramento.
La mancanza di visione sia verso l’esterno che verso l’interno
Quanti dirigenti si risciacquano la bocca con dei termini sentiti in qualche seminario come KYC (know your customer), ossia “conosci il tuo cliente”, oppure CRM (customer relationship management), che non è nient’altro che un approccio al marketing orientato a costruire un rapporto a lungo termine con il cliente.
Ma come si dice: “passata la festa, gabbato lo santo”. Bella la teoria, ma ostacolata nella pratica. Una visione verso l’esterno richiederebbe di capire meglio i problemi e i bisogni del cliente, di mettersi nei suoi panni, di intuire quanto da lui non detto, di prendersi tempo e percepire le aspettative e le richieste inespresse.
Solo così può essere garantita la fidelizzazione a lunga scadenza, costruendo una relazione consolidata e personalizzata magari su diverse generazioni. In più è assodato: un cliente soddisfatto presta minor attenzione ai servizi della concorrenza.
Prendiamo l’esempio di una grande società nel settore fiduciario. Il reparto contabilità gestisce i libri contabili per il suo cliente durante tutto l’anno. Possiede quindi tutti i suoi dati, ne conosce vita, morte e miracoli, può intuire i problemi e le opportunità, vede l’evoluzione e l’andamento della sua controparte su un lungo lasso di tempo. Allora perché allestire solamente dei bilanci trimestrali e un bilancio a fine anno, magari corredato di un allegato? All’interno dello stesso reparto non gli si potrebbe offrire anche la gestione degli stipendi, l’allestimento dei conguagli IVA, la richiesta di rimborso dell’imposta preventiva, eccetera? Fino a questo punto la probabilità che questi servizi aggiuntivi vengano effettivamente offerti è abbastanza alta, anche perché fanno aumentare la cifra d’affari dello stesso reparto.
Ma spesso tutto finisce qui. Premesso che il suddetto reparto o addirittura un consulente personale accompagni il cliente da anni e quindi conosca le sue attitudini, le sue esigenze, magari anche la sua vita privata, perché non pensare oltre? Ha bisogno di una consulenza fiscale? Sta concludendo nuovi affari e necessita di un legale? Vuole acquisire una nuova attività e varrebbe la pena svolgere una due diligence? Sta pensando di vendere il suo commercio e non sa valutare la sua azienda? È ora di pensare alla successione e ha diversi eredi? Sta scadendo la sua polizza sulla vita e non sa gestire il suo patrimonio?
Tante domande che dovrebbero sorgere spontaneamente. Eppure no. Non si ha tempo, si è troppo focalizzati sul proprio preventivo. Sono troppo distanti i colleghi degli altri reparti. Perché perdere tempo senza avere un tornaconto? Perché contribuire al successo degli altri, magari a proprio scapito?
I paraocchi, ossia i silos
Ed ecco la malattia cronica delle grandi società. La chiamano (sempre in buon italiano) la not-invented-here-syndrom, ossia “quell’atteggiamento culturale sociale, aziendale o istituzionale che spinge ad evitare di utilizzare ricerche, prodotti o conoscenze già esistenti” (fonte: Wikipedia).
Si pensa e si agisce a compartimenti stagni, in gergo silos. Ognuno per sé, per mancanza di rispetto verso il collega, ma spesso per mancanza di conoscenza su quanto questi fa e può offrire. Mancano la giusta mentalità, l’apertura, lo spirito di gruppo, una vera corporate identity. La giusta via sarebbe: non fungere solamente da colonna portante per il proprio settore, ma sentirsi parte di tutta l’azienda, essere fieri del successo e della crescita del proprio datore di lavoro. Come combattere questo fenomeno controproduttivo per il sano miglioramento non solamente in termini monetari ma anche d’immagine? La via può essere lunga e in salita, ma vale sicuramente la pena intraprenderla.
In breve (la letteratura specializzata è ricca di suggerimenti): cominciamo con la cultura aziendale, che deve essere indottrinata e vissuta dall’alto, con la comunicazione interdipartimentale continua, con incontri e seminari congiunti, con eventi di gruppo trasversali e con articoli professionali redatti a più mani. Uno dei metodi migliori è comunque la rotazione di persone tra i vari reparti per un periodo determinato.
Si acquisiscono così conoscenze ed esperienze nuove, si allargano i propri orizzonti, si incontrano clienti della stessa ditta ma di altri settori, si motivano i collaboratori. Alla fine per favorire tutto ciò c’è anche e sempre il Dio Denaro. All’interno delle varie unità operative deve essere prevista una chiara partecipazione agli utili generati da chi ha introdotto un nuovo cliente, da chi si è preso la briga di sensibilizzare e convincere qualcuno ad acquisire un nuovo servizio.
Tutto ciò senza aver messo in croce nessuno.
Adriano P. Vassalli,
Consulente aziendale