Tra le varie misure ipotizzabili a tutela del committente, un ruolo di primissimo piano va senza dubbio attribuito agli accordi relativi alle caratteristiche del prezzo dell’opera: la pattuizione di un prezzo forfetario d’appalto rispettivamente, così come riportato all’art. 373 cpv. 1 CO, la pattuizione di una mercede preventivamente determinata a corpo, infatti, permetterà di regola di escludere ogni aumento a favore dell’appaltatore, anche se quest’ultimo dovesse avere avuto maggior lavoro e/o maggiori spese rispetto a quanto previsto.
L’esclusione di ogni aumento rappresentando (unicamente, ma perlomeno) la regola, due sono, in special modo, le eccezioni a cui va prestata particolare attenzione.
La prima è quella prevista al cpv. 2 del precitato articolo, secondo cui qualora circostanze straordinarie che non potevano essere prevedute o che erano escluse dalle previsioni ammesse da ambedue le parti al momento della stipulazione del contratto, abbiano impedito o reso oltremodo difficile il compimento dell’opera. Le circostanze non imputabili al comportamento dell’appaltatore, e quindi potenzialmente idonee a giustificare un’eccezione alla regola devono essere, però, straordinarie, ovvero esplicare effetti tali sul contratto da non potersi pretendere in buona fede il rispetto del prezzo pattuito (es. eventi naturali quali la caduta di una slavina, modifiche legislative o di un CCL, modifiche nella compagine dei fornitori a seguito di un embargo o aumento dei prezzi delle materie prime causato da guerre o conflitti armati, ecc.).
Inoltre, tali circostanze devono risultare in una sproporzione marchiana fra la prestazione e il prezzo pattuito. Determinante, con riferimento a quest’ultimo aspetto, sarà in ogni caso sempre il raffronto tra la totalità delle prestazioni affidate all’appaltatore e la totalità della retribuzione concordata.
Una seconda eccezione è quella che si realizza in caso di vera e propria modifica del contratto e quindi in presenza di una modifica di ordinazione. Il prezzo fisso stabilito dalle parti è, dunque, esclusivamente determinate per l’opera originariamente progettata al netto di modifiche qualitative e/o quantitative.
Con riferimento a questa ulteriore eccezione, il Tribunale federale si è recentemente chinato su validità e limiti di una clausola contrattuale che subordina qualsiasi modifica d’ordinazione alla forma scritta, evidenziando che tale clausola rappresenta senz’altro uno strumento di principio efficace a tutela degli interessi (soprattutto economici) del committente. Questa clausola istituisce infatti la presunzione (infirmabile) che le parti, in caso di mancato rispetto della forma concordata, non intendessero modificare l’opera originariamente progettata. Deroghe sono senz’altro possibili e ipotizzabili per atti concludenti ma, così il Tribunale federale, vanno ammesse con estremo riserbo. Allo stesso modo, il semplice fatto che un’opera supplementare era necessaria per l’adempimento del contratto – e sarebbe stata quindi, in ogni caso deliberata e realizzata – non è di per sé sufficiente a ribaltare la predetta presunzione.
La pattuizione di un prezzo a corpo rappresenta dunque, in definitiva, un affidabile baluardo a tutela dell’interesse del committente al rispetto del prezzo preventivato, in special modo se combinato con una clausola intesa a vietare ogni modifica di progetto in assenza di un accordo scritto.
Non va però dimenticato che validità ed efficacia di questo tipo di accordi non possono in ogni caso travalicare i limiti imposti dal principio generale della buona fede. Il committente non potrà ad esempio strappare all’appaltatore, fornendo a quest’ultimo indicazioni false o incomplete, un prezzo favorevole per poi, in seguito, sottrarsi a legittime rivendicazioni supplementari perché escluse dal forfait e non concordate per scritto.
Avv. Michele Bernasconi