Tra chi opera nel campo della tecnica termo-sanitaria continua ad aleggiare una certa preoccupazione relativa all’interesse dei ragazzi nei confronti delle sue professioni, di cui ci eravamo ampiamente occupati lo scorso anno su queste pagine. Vediamo quindi se – e come – è evoluta nel frattempo la situazione. “In generale, i giovani che seguono un apprendistato nei settori degli impianti sanitari, del riscaldamento, delle opere da lattoniere e della ventilazione non sono pochi e, aggiungo, sono in crescita, con un’eccezione che riguarda la figura del progettista, per la quale esiste oggettivamente una certa carenza”, afferma il presidente di ATTS Luca Luraschi, co-titolare della V. Luraschi di Vira Gambarogno, “i punti problematici a mio avviso sono quindi altri e li identifico da un lato nel fatto che una parte di chi termina la formazione sceglie poi di cambiare strada e, dall’altro, nel fatto che tra chi opta per questi mestieri ci sono numerose persone che arrivano da oltre frontiera e pochi residenti in Svizzera”.
Il secondo elemento – sempre secondo Luraschi – è, almeno parzialmente, dato dal fatto che nella nostra realtà certe professioni di tipo manuale continuano a non risultare attrattive e questo nonostante, in effetti, si tratti di mestieri che nel tempo hanno subìto un’evoluzione: “Sono lavori per i quali serve sia tecnica che testa e per i quali è molta la teoria che bisogna conoscere”, commenta. Ciononostante, a differenza di quanto avviene nel resto della Svizzera, in Ticino i mestieri pratici restano considerati una “seconda scelta” e ai giovani la tendenza è tuttora quella di far passare il messaggio che sia meglio continuare con gli studi se si vuole poi occupare un posto degno di merito nella società. Ampliando lo scenario, nonostante gli sforzi fatti a vari livelli per promuoverla, nel nostro Cantone l’immagine più in generale dell’apprendistato è finora rimasta debole, a vantaggio degli studi superiori, che continuano ad essere ritenuti più prestigiosi.
Qualcosa però si sta muovendo; la campagna di collocamento 2024 si è infatti conclusa con un grande successo, tanto che la quota di chi sceglie una formazione professionale (1’415) è oggi sostanzialmente identica a quella di chi sceglie di proseguire gli studi a tempo pieno (1’381). I nuovi contratti di apprendistato firmati sono poi stati 2’617, 134 in più rispetto al 2023 e un numero superiore pure all’obiettivo di 2’500 posti di tirocinio fissato dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport. Ciò è stato reso possibile non solo grazie alle scelte operate dai ragazzi in uscita dalla scuola media, ma anche dai giovani alla ricerca di un riposizionamento formativo.
“Oggi le scuole superiori sono molto selettive e, di conseguenza, almeno una parte dei ragazzi che arriva ad un apprendistato artigianale ha prima tentato questa via”, spiega Luca Luraschi, che è pure membro di comitato della sezione ticinese di suissetec, “questo però determina un cambiamento rispetto al passato, quando la scelta per un mestiere nel nostro caso artigianale come può essere quello dell’idraulico veniva fatta con convinzione, magari perché si trattava dello stesso lavoro che faceva il padre, o con passione, perché era proprio qualcosa che piaceva. Ora invece è più facile che si provi una di queste formazioni perché non si hanno le idee in chiaro su cosa fare”.
E, con queste premesse, il rischio che, una volta terminato il tirocinio, non si porti avanti il mestiere appreso è evidentemente maggiore. D’altra parte, va pur considerato che a 14 o 15 anni per molti ragazzi può non essere semplice indirizzarsi con sicurezza verso una professione ed è un ulteriore motivo per cui, tendenzialmente, chi ne ha la possibilità preferisce proseguire gli studi, posticipando così il tempo di una scelta.
“Il vero problema, che sperimentiamo sia noi che operiamo nell’impiantistica sia chi è attivo nella progettazione, è come al momento sia difficile trovare personale valido e qualificato”, aggiunge l’ingegnere, “e questo perché si è creato una sorta di ‘buco’, riconducibile ad un cambiamento di mentalità avvenuto dal periodo in cui – direi fino agli anni Novanta – l’artigianato era ai primi posti tra le scelte e questo per vari motivi (per esempio per una volontà di guadagnare il prima possibile, per poter sostenere la famiglia o poter raggiungere un’indipendenza economica) a quello successivo – dall’inizio degli anni 2000 – quando la maggior parte delle famiglie riusciva a mantenere abbastanza bene i figli ed è diventata predominante l’idea del dover continuare gli studi per ‘avere qualcosa in mano’”.
La conseguenza di questa mutata mentalità è una perdita dell’artigianato, attività che resta, comunque, tuttora fondamentale. A questa perdita si aggiunge un ulteriore elemento e cioè l’avvicinamento alla pensione di una parte degli operatori del settore, che dovrà quindi essere sostituita.
“Un ricambio che non c’è per i detti motivi e per il fatto che, sebbene gli apprendisti al momento non manchino, passeranno degli anni ora che saranno formati e avranno maturato una certa esperienza”, spiega Luraschi.
Una situazione non rosea che risulta ulteriormente peggiorata dal fatto che – come dicevamo in precedenza – una parte dei ragazzi che si forma nel settore della tecnica della costruzione non prosegue nella stessa direzione. “Tra di essi rientrano i ragazzi a cui serve un primo attestato per poi formarsi nel settore che realmente gli interessa, per esempio frequentando la Scuola di polizia”, afferma il presidente di ATTS, “altri hanno magari svolto il loro apprendistato in un’azienda che non ha saputo trasmettergli passione o dove hanno fatto sempre le stesse cose, per cui il lavoro può essergli risultato poco stimolante”. Questo ci fa capire la responsabilità che hanno le aziende formatrici, le quali oggi devono inoltre essere consapevoli di trovarsi di fronte ad una nuova categoria di futuri lavoratori. “Secondo me l’approccio che la generazione Z ha al mondo del lavoro incide più che sulla scelta della strada da percorrere su quella dell’azienda; detto in altre parole, la Gen Z sceglie l’azienda, nella quale ci deve essere qualità, possibilità di acquisire competenze e venir valorizzati”, ci diceva Sara Rossini, co-fondatrice e direttrice di fill-up, azienda che si occupa di coaching per apprendisti e aziende formatrici, intervistata l’anno scorso su queste tematiche. Tra gli elementi cui i Post-Millennials accordano importanza in ambito lavorativo occupa infatti un posto importante l’ambiente di lavoro, di cui apprezzano in particolare una comunicazione trasparente ed immediata, delle attività che creino un senso di comunità e una modalità di operare che li veda coinvolti e consenta di avere la prova che il loro tempo e il loro impegno hanno un significato reale. Se vogliono risultare attrattive agli occhi dei ragazzi di oggi, le imprese devono quindi prendere coscienza della necessità di creare un ambiente adatto ad accoglierli e farli crescere ed evolvere. “La generazione è cambiata, il contesto è cambiato, ma purtroppo una parte di aziende è ferma e forma ancora come tanti anni fa, con il problema che questo non funziona più”, ci spiegava Sara Rossini.
In generale, gli esponenti della Gen Z hanno un approccio ben diverso all’universo professionale rispetto alla generazione dei loro genitori: “Vogliono godersi di più la vita e lavorare di meno, insomma lavorare per potersi godere la vita. Magari non è sbagliato, ma di certo per noi non è facile da comprendere. Bisognerebbe entrare nella loro mente e capire qual è quel clic che potrebbe far sì che risultino più attratti dal nostro settore”, commenta Luca Luraschi.
Un elemento che potrebbe catalizzare l’interesse dei ragazzi sono le tematiche energetiche riguardo alle quale essi sono in genere sensibili. Nel campo della tecnica termo-sanitaria l’interesse risiederebbe nello specifico nella possibilità di progettare ed installare impianti moderni e a basso impatto energetico, in linea con la consapevolezza sviluppatasi nelle nuove generazioni riguardo al ruolo che le azioni compiute oggi avranno sul futuro del pianeta. E qualcosa, effettivamente, si sta muovendo in questa direzione per le professioni di cui ci stiamo occupando. Tra i cambiamenti contenuti nella nuova ordinanza per i progettisti, figura infatti l’unione tra due indirizzi (riscaldamento – climatizzazione) in un nuovo percorso in cui le tematiche legate all’ambiente occuperanno dello spazio.
“L’aspetto energetico, se è sicuramente importante per la nuova generazione, non riguarda però ovviamente sono le nostre professioni, ma è piuttosto trasversale a molti ambiti e lavori”, commenta il nostro interlocutore.
Oltre all’aspetto ecologico, cui si può aggiungere quello tecnologico, i ragazzi della Gen Z apprezzano le possibilità di carriera che un posto di lavoro o una professione possono offrire. “Importante a mio avviso è che si capisca che nell’ambito dei profili del nostro ramo la possibilità di crescita e di sviluppo c’è. Un installatore, per esempio, può diventare dapprima disegnatore e successivamente iscriversi al Technicum dove formarsi come ingegnere del ramo, mentre un montatore di impianti sanitari o di riscaldamento può diventare un capo montatore e, in un secondo tempo, un tecnico di cantiere”, spiega Luraschi, “essere a conoscenza di queste possibilità è rilevante anche per le famiglie i cui figli si vogliono avvicinare a una delle nostre professioni”. E lo è, effettivamente, un po’ perché stiamo parlando di un settore che non tutti conoscono, un po’ perché i genitori – è dato dalle statistiche – sono i primi influenzatori della scelta che devono effettuare i ragazzi alla fine della scuola media.
Nella scarsa visibilità del campo della tecnica termo-sanitaria e delle professioni ad esso collegate, può essere individuato uno dei motivi per cui risulta complicato far passare il messaggio che esse possono essere interessanti per i giovani. Un fattore però – va detto – comune a vari tirocini, se si considera che nel nostro Paese, dove è possibile scegliere fra circa 245 formazioni professionali di base, quasi il 50% dei nuovi contratti riguarda solo dieci professioni, che sono impiegato di commercio, operatore sociosanitario, impiegato del commercio al dettaglio, operatore socioassistenziale, informatico, installatore elettricista, impiegato in logistica, disegnatore, cuoco, agricoltore (“La formazione professionale in Svizzera – Fatti e cifre 2022”, edito dalla Segreteria di Stato per la formazione, le ricerca e l’innovazione, SEFRI).
“Concordo che i nostri siano dei mestieri diciamo ‘poco pubblicizzati’. Dall’altra però mi chiedo se si attirerebbe un giovane pubblicizzando una delle nostre professioni, per esempio con dei cartelloni sparsi per il Cantone; sinceramente non penso”, afferma co-titolare della V. Luraschi, “effettivamente la domanda del ‘cosa si potrebbe fare per attirare nuove leve’ è il fulcro della questione ed è quella che tutti ci stiamo ponendo tutti, anche noi come associazione.
Dal canto suo, c’è da dire che l’associazione padronale ha fatto un buon lavoro nel promuovere le sue professioni”. suissetec si impegna infatti a pubblicizzare i vari profili attraverso i media, a partecipare alle varie manifestazioni tese ad agevolare la conoscenza dei mestieri in questione, oltre ad aprire il proprio Centro di formazione professionale alle scuole dell’obbligo. Tra qualche anno, pure i Laboratori didattici per la tecnica della costruzione (a cui daremo spazio nell’articolo successivo), che saranno ospitati all’interno dello stabile Pragma, per mezzo del quale verrà ampliato il Centro di formazione professionale di Gordola, contribuiranno alla promozione delle professioni dell’edilizia, mostrandone il potenziale consentendo ai ragazzi di ‘toccarle’ con mano.
Più in generale, tra le varie iniziative, sia pubbliche che private, che concorrono ad aiutare i ragazzi che si avvicinano alla fine delle medie a scegliere come proseguire il proprio curriculum formativo si inseriscono pure gli SwissSkills, i campionati delle professioni per gli apprendisti, che si tengono ogni due anni a Berna e costituiscono un’interessante opportunità per venire a conoscenza di professioni che magari si ignorano o avere una dimostrazione partica di quelle che già si conoscono. “Nel corso degli anni diversi apprendisti ticinesi nelle nostre professioni si sono contraddistinti a livello svizzero durante gli SwissSkills; forse valorizzare e portare queste testimonianze ai ragazzi potrebbe aiutare a promuovere percorsi di carriera con una formazione specifica”, commenta Luca Luraschi.
Ma, secondo il presidente dell’ATTS, in cosa risiede l’interesse del settore di pertinenza dell’associazione? “Ai ragazzi magari è difficile farlo capire, però io dico sempre che quando consegni ai clienti la loro casa – che spesso coincide con il principale investimento della loro vita – e, se hai lavorato bene, li vedi contenti, è molto bello, e, anche per te stesso, dopo tanto impegno, vedere il prodotto finito è sicuramente una soddisfazione”, ci racconta, “personalmente poi apprezzo il fatto che si tratti di lavori sia manuali che mentali, nei quali bisogna conoscere le normative, sapere come si manipolano i materiali e tanto altro; e poi la possibilità di trasmettere il proprio sapere, maturato negli anni, e la propria passione, consolidata nel tempo, a chi arriva dopo di te, aspetto, a mio avviso, fondamentale nel nostro settore per raggiungere dei buoni risultati”.
Settore che, inoltre, e ovviamente, esisterà sempre: “Abbiamo passato i 9 milioni di abitanti in Svizzera e quindi di case e appartamenti ce ne sarà sempre bisogno, senza contare il mattone come investimento, che è solido e sicuro.
Vedremo quello che ci riserverà il futuro, ma sicuramente di apprendisti e di persone formate, capaci, volenterose ed appassionate, ne abbiamo bisogno oggi e ne avremo bisogno anche per il futuro”, conclude Luca Luraschi.
Intervista a Luca Luraschi, co-titolare della V. Luraschi di Vira Gambarogno
e presidente di ATTS
a cura di Alessandra Ostini Sutto